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Voyager Magazine - 1421 La Cina scopre l'America?

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su Voyager Magazine

(N°10 LUGLIO 2013)


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Voyager Magazine Zeng He- 1421 - La cina scopre l'America?


1421 - la Cina scopre l’America?

Tra il 1405 ed il 1433 una delle più imponenti flotte che la storia ricordi salpò dalla Cina per dirigersi verso mari lontani. C’è chi suppone sia giunta non solo nelle Americhe, settanta anni prima di Colombo, ma abbia addirittura circumnavigato il globo quasi un secolo prima di Magellano.

Il 17 luglio del 1402 Zhu Di venne incoronato imperatore della Cina con il nome di Yongle. Fu il terzo imperatore della dinastia Ming e da molti è considerato uno dei più grandi regnanti della storia della Cina. Spostò la capitale da Nanchino a Pechino, dove fece costruire la Città Proibita, fece riparare e riaprire il Grande Canale della Cina ed impiegò più di duemila studiosi per creare la colossale “Enciclopedia Yongle”. L’imperatore Yongle fece anche qualcosa che nessun altro imperatore cinese aveva fatto prima o fece mai in seguito: commissionò una serie di viaggi esplorativi per il mondo. Fece costruire una gigantesca flotta navale e vi mise a capo l’ammiraglio Zheng He, eunuco di fede islamica e suo compagno di giochi d’infanzia. Forse per allacciare rapporti diplomatici con molte popolazioni, forse per aprire nuove rotte commerciali alternative alla “via della seta” ormai compromessa delle armate di Tamerlano, l’imperatore turco-mongolo che aveva conquistato gran parte dell'Asia, fatto sta che, agli inizi del XV secolo, la Cina si aprì al mondo e lo fece con una flotta che ancora adesso lascia sbalorditi per imponenza e struttura organizzativa. Ma dove erano dirette quelle navi e quali lontane mete raggiunsero?

Mappe misteriose

Una delle più recenti e controverse ipotesi sulle spedizioni marittime cinesi è stata formulata da Gavin Menzies, un comandante in pensione della Royal Navy. Menzies è fermamente convinto che la spedizione cinese sia giunta fino nelle Americhe ed abbia persino circumnavigato il globo. Nel suo successo editoriale “1421. La Cina scopre l'America” avanza una serie di prove a sostegno della sua tesi, basate sul ritrovamento di antiche carte nautiche, sull'analisi al computer di dati astronomici ed il rinvenimento di alcuni reperti come una scultura della dinastia Ming ritrovata in Kenia e porcellane ritrovate in Perù e California. Questa sconcertante ipotesi cominciò ad ossessionare l’ex comandante inglese quando questi si imbatté in un’enigmatica mappa: “la carta nautica di Pizzigano”. In essa vi sono raffigurate l'Europa occidentale, l'Africa occidentale, l'Oceano Atlantico, le Azzorre, le Canarie ed altre quattro isole, due blu e due rosse: le isole di Porto Rico e Guadalupa.  La carta fu pubblicata nel 1424; era la prova che qualcuno aveva già mappato porzioni delle coste americane diversi decenni prima della scoperta di Colombo? Menzies cominciò così a cercare prove e documentazione viaggiando in 120 paesi e visitando più di 900 musei e biblioteche. Il risultato? Secondo l’ex comandante inglese i cinesi avrebbero, non solo scoperto i nuovi mondi, ma li avevano pure abitati, seppur per breve tempo. La Cina, dopo decenni di esplorazioni e di sforzi congiunti tra cartografi, geografi e astronomi, iniziati già con la precedente dinastia Yuan (1279 - 1368), sarebbe riuscita a mappare i confini di gran parte del mondo. E’ convinzione di Menies che nel 1428 a Venezia, Dom Pedo, figlio maggiore del re di Portogallo, riuscì a recuperare una mappa dettagliata del globo tramite un mercante veneziano, Niccolò da Conti, che aveva navigato proprio con Zheng He. I resoconti dei marinai e soprattutto le rotte e le indicazioni contenute nelle mappe avrebbero così fornito i presupposti per le future spedizioni transoceaniche europee che caratterizzarono la fine del secolo XV. Sarebbe questa una possibile spiegazione per alcune mappe “impossibili” dove vengono rappresentati territori ancor prima di essere stati scoperti? Nella carta “Pizzigano” del 1424 sono raffigurati i Caraibi, nella mappa del famoso ammiraglio turco Piri Reis (1513) l’ America Meridionale ed Antartide e così via anche per il mappamondo di Fra Mauro (1459), la Carta del Cantino (1502), la mappa di Waldseemüller (1507) e Jean Rotz (1542).

La grande “Flotta del Tesoro” di Zheng He

La potenza della flotta cinese del XV secolo va ben oltre ogni nostra immaginazione, fu la flotta più imponente mai messa in campo sino ad allora. Nemmeno le potenze spagnole o inglesi, al loro apice, seppero organizzare una colossale armata navale paragonabile a quella comandata dall’ammiraglio cinese Zheng He: basti pensare che tra il 1405 al 1433 furono impiegati circa 28.000 uomini e ben 208 navi fra ammiraglie, bastimenti militari e vascelli, mentre l’ “Invincibile Armada”, approntata dal re di Spagna Filippo II nel 1588, contava una flotta di “sole” 138 navi. Le imbarcazioni erano tipiche navi cinesi, giunche fatte con legno di bambù leggero e resistente e raggiungevano dimensioni ragguardevoli. La nave ammiraglia di Zheng He era lunga circa 150 metri, larga 58 ed era dotata di 9 alberi e quindi di gran lunga superiore alla modesta Niña (lunga poco più di 20 metri di lunghezza, 8 di larghezza), la nave con la quale Cristoforo Colombo raggiunse l’America nel 1492. Secondo le cronache cinesi del XVI secolo, le grandi navi cinesi erano dei veri “tesori” naviganti. Vi erano lussuosi saloni di rappresentanza, ponti coperti con eleganti balconate, ringhiere e stive cariche delle merci più pregiate: manufatti in oro ed argento, porcellane Ming delle manifatture imperiali e tappezzerie intessute con seta preziosissima. A bordo vi erano anche squadre di astronomi, meteorologi, medici, farmacisti e botanici, traduttori e interpreti. Tra gli obiettivi della spedizione sicuramente non mancavano quelli esplorativi e quelli diplomatici. In ogni viaggio, venivano raccolti dati, doni e persino animali esotici come giraffe e zebre (a quel tempo sconosciuti in Cina); inviati stranieri si univano alla flotta per il viaggio di ritorno in Cina e molti furono portati a Pechino per l’inaugurazione della Città Proibita che si tenne nel 1421.

Le sette spedizioni di Zheng He

Per quasi trent’anni, dal 1405 al 1433, si susseguirono ben sette spedizioni durante le quali vennero affrontati gli oceani in ogni condizione meteorologica, furono visitate tantissime città e paesi (Ceylon, India, Cambogia, Vietnam, Golfo Persico, Arabia, Yemen, Iran, Somalia Kenia, Mozambico, Mar Rosso e la Mecca) furono avviati accordi diplomatici e furono intrapresi scambi commerciali attraverso l'innumerevole quantità di beni e preziosi presenti a bordo delle navi. Il primo viaggio cominciò nel luglio del 1405 dal porto di Suzhou, la “Venezia cinese”, vicino a Shanghai. Nel secondo viaggio (1409-1411) Zheng He sconfisse Alagonakkara, il Re di Ceylon, che gli aveva dimostrato ostilità; per questo venne catturato e deportato a Nanchino. Nella quarta spedizione (1417-1419), diretta alla volta dell’Africa, la flotta perse sicuramente una delle sue Navi. La tradizione keniota conserva ancora il ricordo di quel naufragio a fronte del quale un gruppo di marinai cinesi naufraghi decise di stabilirsi definitivamente in Kenya sposando donne locali. Ma è durante la sesta spedizione (1421-1423) che la realtà storica si incontra con le ipotesi di Gavin Menzies secondo cui, in quel periodo, furono allestite quattro grandi flotte agli ordini dei capitani Zhou Wen, Zhou Man, Yang Qing e Hong Bao che percorsero e mapparono le coste di quasi ogni angolo del globo scoprendo l'Australia, la Nuova Zelanda, le Americhe, l'Antartico, la costa settentrionale della Groenlandia ed il Passaggio a nord-est.

Una storia che doveva essere cancellata

Il settimo ed ultimo viaggio avvenne dopo la morte dell’imperatore Yongle, nel 1431, viaggio durante il quale Zheng He, all’età di 60 anni, morì ponendo di fatto fine al ciclo di spedizioni con cui la Cina si confrontò con il mondo. Con la loro morte la Cina fece improvvisamente ritorno all’isolamento che l’aveva da sempre contraddistinta. Quali furono i reali motivi che spinsero a questo repentino cambiamento di rotta? La burocrazia cinese dispose che non fossero costruite più navi tanto grandi ma soltanto piccole imbarcazioni a difesa dagli attacchi della pirateria. Fonti storiche confermerebbero, inoltre, che gli stessi documenti e carte nautiche relativi ai viaggi di Zheng He sarebbero stati distrutti o nascosti tra il 1477 e il 1480. In quel che resta dei resoconti sulla gloriosa “Flotta del Tesoro” cinese non si fa però cenno ad esplorazioni al di là dell’Oceano Indiano ed è per questo che le teorie di Menzies sono state sempre respinte sia dagli storiografi ufficiali che dalla stessa Cina, che le hanno definite null’altro che congetture. L’ex ufficiale britannico ha comunque il merito di aver messo in evidenza come, agli inizi del XV secolo, la marina cinese fosse di gran lunga superiore a quella degli europei; nessun paese europeo poteva, infatti, competere, all’epoca, con le navi cinesi a nove alberi dotate di dettagliate carte nautiche e bussole di bordo. Le distanze percorse ufficialmente (circa 50.000 chilometri), l’organizzazione e la struttura della flotta capitanata da Zheng He avevano con molta probabilità le prerogative per compiere i viaggi ipotizzati da Menzies. Forse, a quest’ora, avremmo potuto avere una “Nuova Pechino” al posto di “New York”? La storia ha comunque intrapreso il suo cammino nella direzione che conosciamo e forse non sapremo mai cosa effettivamente spinse la Cina ad “abdicare” dal ruolo di egemone dei mari lasciando il terreno libero all’Europa e alla sua sete di scoperta e di conquista.

Ultimo aggiornamento Sabato 03 Agosto 2013 10:23  


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Georges Ivanovic Gurdjieff

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Athanasius Kircher fu un personaggio molto particolare i cui interessi spaziarono in tutti i campi dello scibile umano. La sua ricerca si basava principalmente sulla comprensione dei meccanismi cardine che regolavano la natura. In totale affinità con il sentimento neoplatonico di cui fu uno dei massimi esponenti concepiva tutti gli aspetti del mondo sensibile come emanazione dell'uno dal quale andavano prendendo forma attraverso una serie di stati degradativi. Secondo Kircher questo processo di derivazione dalla fonte unica avveniva sempre con lo stesso meccanismo per ogni singolarità della natura e ciò permetteva che principi scoperti in un determinato campo erano, per analogia, applicabili ad un altro apparentemente molto diverso dal precedente. Con tale forma mentis egli poté investigare e conoscere a fondo un'infinità settori spaziando dall'astronomia alla matematica, dall'archeologia all'ottica, dalla chimica al magnetismo, dalla filosofia alla musica, dalla storia naturale alla fisica e alla gnomonica. Il suo sapere non si limitava al solo studio teorico ma era costantemente accompagnato da brillanti realizzazioni quali ad esempio il prototipo della lanterna magica che espose, insieme ad altre meraviglie meccaniche, nel suo "Wunderkammer" il primo museo della scienza al mondo. Creò inoltre una delle più antiche calcolatrici e compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio e con la sua decifrazione del Copto e la sua interpretazione dei geroglifici gettò le basi che portarono all'attuale decodifica dell'antica scrittura egizia.

La vita di Athanasius fu costellata da molti eventi particolari tra cui ce ne furono alcuni che lo portarono addirittura molto vicino a perdere la vita: una volta rischiò di annegare perchè cadde in una crepa apertasi in un fiume ghiacciato ma anche se faticosamente, riuscì a trarsi in salvo; durante la guerra dei trent'anni per poco non fu impiccato da un gruppo di protestanti che dopo averlo circondato e derubato lo lasciarono andare perché riconobbero qualcosa di speciale nella sua estrema calma di fronte alla fine che stava subendo; da giovane si salvò miracolosamente dallo sfracellarsi quando fu trascinato dalla corrente verso la ruota di un mulino ad acqua; un'altra volta rimase miracolosamente illeso quando, mentre stava guardando una corsa di cavalli, finì accidentalmente sotto gli zoccoli degli animali. Grazie alla sua estrema fede in Dio e nel destino che, come affermò egli stesso, lo doveva portare a compiere qualcosa di grande, mantenne sempre una straordinaria calma cosa che gli fu di notevole aiuto anche in quei frangenti pericolosi.

Il Kircher possedeva una personalità poliedrica. Il suo carattere particolare lo spinse ad praticare per ben cinque anni un curioso esercizio. Per esercitare l'umiltà si finse stupido dal momento in cui fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Paderbon in Vestfalia (2 ott 1618) fino a quando non fu trasferito a Coblenza nel 1623. Dotato di una spiccata sensibilità verso il metafisico ebbe diverse visioni e sogni "profetici" come quello che gli preannunciò la distruzione, per ordine di Gustavo Astolfo di Svezia(1631), del collegio dei gesuiti di Wurzburg dove egli risiedeva. Era anche un uomo in cui una sterminata curiosità si legava ad una buona dose di temerarietà e questo lo portò, non solo ad ammirare in loco le eruzioni dell' Etna e dello Stromboli (1637) e ad osservare da Tropea terremoto che distrusse Sant'Eufemia nel 1638, ma addirittura come un novello Plinio Seniores, a scendere, all'età di più di settant'anni, nel cratere del Vesuvio per eseguire delle misurazioni.

Appassionato della storia arcaica dell'uomo intraprese moltissime ricerche indirizzate al reperimento di documenti e prove legate ad episodi a cavallo tra la storia e la mitologia. In particolare i suoi interessi si diressero principalmente su Atlantide di cui possedeva un'antica mappa che esamineremo in seguito e sui più importanti resoconti biblici come il Diluvio Universale, l'Arca di Noè, la Torre di Babele ed i Giganti per cui collezionò i resti di alcuni elefanti antidiluviani ritrovati a Trapani e Palermo nel 1636 e diversi scheletri dalle misure straordinariamente grandi (Le "ossa di giganti" delle grotte di Maredolce presso Palermo).

Le informazioni sulla sua vita oltre a pervenirci dall'innumerevole quantità di opere lasciateci e dalla folta corrispondenza che tenne con più di 760 personaggi dell'epoca, fra cui scienziati (Leibniz, Torricelli e Gassendi), medici, missionari gesuiti, due imperatori del Sacro Romano Impero, papi e potentati di tutto il mondo (Cristina di Svezia), ci arrivano anche attraverso la sua autobiografia di cui riportiamo l'incipit:

    "Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere."

Cronologicamente il giovane Athanasius entrò all'età di dieci anni nel collegio gesuita di Fulda e poi, ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn (2 ottobre 1618) ivi rimase finché gli esiti delle persecuzioni della guerra dei Trent'anni lo costrinsero ad andare prima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. Nel 1624 si trasferì prima a Mainz, dove nel 1628 divenne sacerdote e poi presso l'Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali. Nel 1633 ricevette, praticamente in contemporanea, due illustri proposte che lo volevano l'una a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell'imperatore Ferdinando II e l'altra a Roma per l'importante traduzione di alcuni vocabolari copti. Il destino lo mosse nel novembre del 1633 a Roma dove rimase per tutto il resto della sua vita fatta eccezione per un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore di Hesse-Darmstadt da poco convertitosi al cattolicesimo. Nel 1638 venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che lasciò otto anni dopo per dedicarsi completamente alle sue ricerche. Morì a Roma il 27 novembre 1680 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù mentre il suo cuore, per suo espresso volere, venne invece tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella vicino a Palestrina. Questo luogo, sin dal suo primo incontro avvenuto casualmente nel 1661, ebbe un'attrazione speciale per il gesuita. La chiesetta abbandonata che lì sorgeva si poggiava sulle rovine dell'antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant'Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un'iscrizione all'imperatore Costantino come ci viene descritto nella autobiografia Kircheriana:

    "Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina. Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica. Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto. … guidato da Dio, mi imbattei in una lastra di marmo su cui era inciso il testo seguente: In questo luogo si convertì Sant'Eustachio, allorchè il Cristo crocefisso gli apparve tra le corna di un cervo. In memoria di tale avvenimento, l'Imperatore Costantino il Grande fece erigere questa Chiesa, solennemente consacrata dal santo papa Silvestro I al culto della Madre di Dio, e di Sant'Eustachio."

Il Kircher si adoperò moltissimo per farla ristrutturare e da quel giorno decise che vi ci sarebbe recato ogni 29 settembre, giorno in cui si festeggia San Michele Arcangelo, e divenne per lui il posto dove egli più amava ritirarsi a meditare e a scrivere.

La sua poderosa produzione letteraria (più di trenta testi) lo fece apprezzare come uno dei più grandi eruditi del XVII secolo. Tra le sue opere più suggestive, ricordiamo il Prodromus Coptus sive Ægyptiacus (1636), Lingua Ægyptiaca restituta (1643), Ars Magna Lucis et umbrae in mundo (1645–1646), Obeliscus Pamphilius (1650), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650), Œdipus Ægyptiacus (1652–1655), Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664–1678), Obelisci Aegyptiaci interpretatio hieroglyphica (1666), China Monumentis, qua sacris qua profanis (1667), Ars magna lucis et umbrae (1671), Arca Noë (1675), Sphinx mystagoga (1676) e Turris Babel sive Archontologia (1679).