massimofraticelli

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Home Magazine Freedom Magazine - Vincenzo Tiberio

Freedom Magazine - Vincenzo Tiberio

E-mail Stampa PDF

Articolo pubblicato

su Freedom Magazine

(N°1 NOVEMBRE 2019)

 

Freedom Magazine - VINCENZO TIBERIO

SCRITTO DI VINCENZO TIBERIO

“Annali di Igiene Sperimentale dell'Università di Napoli”.

Ho studiato il potere microbicida dei liquidi dei batteri patogeni più importanti. Risulta chiaro da queste osservazioni che nella sostanza cellulare delle muffe esaminate sono contenuti dei principi solubili in acqua forniti di forte potere battericida. Per queste proprietà le muffe sarebbero di forte ostacolo alla vita e alla propagazione dei batteri patogeni

 

 

 


VINCENZO TIBERIO

IL VERO SCOPRITORE DELLA PENICILLINA


IL POZZO DI ARZANO

La penicillina, è stato il primo antibiotico utilizzato in campo medico. Si tratta di una tappa fondamentale per il benessere dell’umanità perché prima di allora una banale infezione poteva portare alla morte. La storia ci insegna che dobbiamo allo scozzese Alexander Fleming il merito di questa scoperta, una scoperta che, nel 1945, gli valse il premio Nobel per la medicina. Fleming scoprì che la penicillina poteva essere un’arma efficace contro i batteri già nel 1929 ma è possibile che un italiano, Vincenzo Tiberio, ben 34 anni prima avesse non solo intuito ma anche sperimentato già tutto questo? Una storia incredibile che potrebbe gettare nuova luce sui veri meriti di questa scoperta. Esistono documenti importanti che mostrano come siano effettivamente andate le cose. Perché risultati così eclatanti raggiunti da Tiberio non vennero presi nella giusta considerazione? Sicuramente le intuizioni e la genialità di questo personaggio devono ancora essere pienamente comprese. 
La vera storia degli antibiotici comincia con un semplice pozzo di una casa di Arzano, un paese in provincia di Napoli. Vincenzo Tiberio era nato nel 1869 a Sepino, in provincia di Campobasso, ma per frequentare gli studi di medicina presso l’Università di Napoli venne ospitato ad Arzano da suo zio. Il pozzo serviva per alimentare i bisogni di acqua di tutta quanta la famiglia che viveva nel condominio. Tiberio notò che le pareti del pozzo erano ricoperte di muffe verdeggianti. Paradossalmente quando queste muffe venivano asportate per pulire il pozzo gli abitanti della casa che bevevano normalmente quest’acqua, invece di star meglio, andavano in contro a gastroenteriti. Collegò i due fenomeni e che cosa fece? Raccolse con una spatolina una parte di questi muschi, di queste muffe, le coltivò in laboratorio, dopodiché ne estrasse, con dell’acqua, gli effetti essenziali, gli effetti medicamentosi. Era l’inizio di una delle più grandi scoperte della storia della medicina, ed è nata proprio da un pozzo.


L’ANTICA TRADIZIONE DELLA SCUOLA MEDICA NAPOLETANA

Un’intuizione geniale, ma le intuizioni da sole non bastano, ci vuole volontà, dedizione e soprattutto un ambiente adatto perché possano essere sviluppate. Vincenzo Tiberio ha la fortuna di studiare e di formarsi in un contesto figlio della lunga ed importante tradizione: la grande Scuola Medica Napoletana. Insomma si trova nell’ambiente giusto per sperimentare la sua intuizione. Tiberio riesce così a comprendere il potere battericida che avevano alcune muffe. Studia e approfondisce il fenomeno descrivendone con esattezza i meccanismi. Una volta laureatosi in Medicina e ammesso nell’Istituto di igiene dell'Università di Napoli prosegue il suo lavoro con meticolosità fino ad arrivare alla sperimentazione su cavie. I suoi preparati riescono a bloccare completamente la crescita batterica per le infezioni da tifo e colera. Nel 1895 Vincenzo Tiberio pubblica così il suo lavoro sugli estratti di alcune muffe in un articolo sulla rivista “Annali di Igiene Sperimentale dell'Università di Napoli”.

Stiamo parlando di alcune decine di anni prima delle scoperte di Alexander Fleming. Un risultato incredibile se osservato con gli occhi moderni ma, all’epoca, rimase apparentemente trascurato. Ma è veramente così? Eppure Napoli era una vera e propria capitale della medicina, uno dei centri più attivi dell’epoca sia culturalmente che scientificamente, una capitale dove regnava il “Positivismo”, un periodo in cui l’uomo aveva riposto una grande fiducia nella scienza e nel progresso scientifico-tecnologico. Vincenzo Tiberio si trova immerso in questo ambiente. Questo porta quindi a supporre che gli studi di Tiberio non furono relegati in un libricino scritto in italiano e abbandonato nelle biblioteche dell’Università di Napoli come è stato riportato da alcuni autori. Nei primi anni del ‘900 le pubblicazioni importanti non erano esclusivamente in lingua inglese, anzi dello stesso livello erano quelle in lingua tedesca ma anche francese ed italiano. Si trattava quindi di un lavoro accessibile che poteva essere analizzato. Perché Fleming che stava studiando il fenomeno non avrebbe avuto l’interesse a consultare pubblicazioni al riguardo? Un dubbio che sembra essere sciolto da un documento importante. Per la cronaca il Nobel Scozzese disse di aver fatto la scoperta in maniera casuale perché la sua segretaria aveva lasciato distrattamente dei provini sporchi. Dopo 48 ore aveva notato su queste piastrine un’anomalia. 

LA LETTERA DI GIUSEPPE PEZZI

Nel 1947 un ufficiale medico della Marina italiana: Giuseppe Pezzi scrive un’importante lettera alla figlia di Vincenzo Tiberio. Nella lettera viene espressa la profonda convinzione che Fleming, nel 1929, avesse già letto e conosciuto il lavoro di Tiberio.
Lettera dell’ufficiale Giuseppe Pezzi“Ho sentito viva la commozione nel rivendicare al nome di suo padre la priorità nella scoperta della penicillina e l’onore di potere, con prove inoppugnabili, dimostrare la genialità un altro grande italiano. …… Domenica sorsa l’on. Prof. Alberti alla radio medica delle 8.20 ha messo in rilievo l’opera del Dott. Tiberio, alla presenza di Chain, collaboratore di Fleming. Fleming ha già saputo e ha letto il lavoro. Fleming, col premio Nobel per la penicillina, ha intascato un milione di fiorini oro…ed io non so se, nel 1929, non avesse letto - fin troppo bene – la pubblicazione di Tiberio di 34 anni prima!!
Ma come si arrivò dalle sperimentazioni al Nobel del 1945 e poi alla diffusione degli antibiotici? Fleming fece comunque un lavoro eccezionale grazie anche al contributo di Chain e Florey. Il grande salto avvenne poi quando l’industria americana, spinta dalla necessità di curare i numerosi feriti della II guerra mondiale, iniziò la produzione a livello industriale della penicillina. Dal ’43 al ’45 se ne distribuirono miliardi di unità a militari e civili salvando così milioni di vite in tutto il mondo e cambiando per sempre il destino dell’umanità. 


VINCENZO TIBERIO APPLICA NUMEROSE SUE INTUIZIONI

Resta il grande interrogativo sul perché la scoperta di Vincenzo Tiberio non sia stata subito utilizzata come la cura del secolo. Era forse troppo avanti per i tempi? Sembra strano ma potrebbe essere proprio così. Al tempo c’era ancora la mentalità diffusa di combattere alcune malattie infettive con prodotti chimici; nessuno avrebbe mai immaginato allora di poter curare le infezioni batteriche con altri batteri. Ma non è solo questo. In quel periodo Vincenzo Tiberio riceve una grandissima delusione d’amore. Non può sposare la sua amatissima cugina Amalia Teresa Graniero che aveva frequentato durante il suo soggiorno ad Arzano, quando era ospite degli zii. Una condizione questa che lo porta ad abbandonare tutto per arruolarsi nella Marina Militare dove riesce a impiegare a pieno non solo il suo intuito medico ma anche la sua forte generosità e umanità. Vincenzo Tiberio riesce a mettere in pratica le sue teorie sulle trasmissioni batteriche durante le varie missioni in cui viene impiegato. A Creta si trova a curare numerosi casi di tifo, paratifo e dissenteria; si occupa della disinfestazione degli alloggi dei marinai e del risanamento della rete idrica. A Zanzibar dà istruzioni per la potabilizzazione dell'acqua, per la dieta dei marinai e si dedica alla cura dei numerosi casi di malaria e beri-beri. Viene chiamato a Messina per occuparsi del controllo delle falde acquifere nel territorio colpito dal terribile terremoto del 1908. Grazie alla sua esperienza ed al suo intuito riesce a scongiurare il rischio di grosse epidemie che sembrano inevitabili. Infine a Tobruk, in Libia, effettua le prime vaccinazioni al tifo e paratifo ai marinai.


IL VERO MOTORE DELLA RICERCA

Insomma ci sono ancora diverse pagine di storia da scrivere su questo geniale personaggio. Ci viene da chiedere quante altre vite si sarebbero potute salvare se, al tempo, il suo lavoro ed il suo genio fossero stati apprezzati nella giusta misura. Speriamo che la figura di Vincenzo Tiberio venga ora riconsiderata a livello internazionale, e venga fatta luce su questo scienziato che con il suo intuito seppe precorrere i tempi …. forse anche di troppo ….Ma c’è un’ultima cosa da sapere. La scoperta di Tiberio fu possibile perché quando era ad Arzano dagli zii cercò con ogni mezzo di curare la sua amata cugina Amalia. Quando questo amore sembrò definitivamente naufragare, la sua geniale intuizione perse, almeno per lui, d’importanza. Non ottenne un meritato Nobel ma, come leggiamo dal suo diario, alla fine, forse, comprese una verità più grande:


Da diario di Vincenzo Tiberio
“L’amore è il vero motore della ricerca”

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 16 Ottobre 2020 14:41  


Immagini Flash

Personaggi flash


Sri Aurobindo

Sri Aurobindo


Athanasius Kircher fu un personaggio molto particolare i cui interessi spaziarono in tutti i campi dello scibile umano. La sua ricerca si basava principalmente sulla comprensione dei meccanismi cardine che regolavano la natura. In totale affinità con il sentimento neoplatonico di cui fu uno dei massimi esponenti concepiva tutti gli aspetti del mondo sensibile come emanazione dell'uno dal quale andavano prendendo forma attraverso una serie di stati degradativi. Secondo Kircher questo processo di derivazione dalla fonte unica avveniva sempre con lo stesso meccanismo per ogni singolarità della natura e ciò permetteva che principi scoperti in un determinato campo erano, per analogia, applicabili ad un altro apparentemente molto diverso dal precedente. Con tale forma mentis egli poté investigare e conoscere a fondo un'infinità settori spaziando dall'astronomia alla matematica, dall'archeologia all'ottica, dalla chimica al magnetismo, dalla filosofia alla musica, dalla storia naturale alla fisica e alla gnomonica. Il suo sapere non si limitava al solo studio teorico ma era costantemente accompagnato da brillanti realizzazioni quali ad esempio il prototipo della lanterna magica che espose, insieme ad altre meraviglie meccaniche, nel suo "Wunderkammer" il primo museo della scienza al mondo. Creò inoltre una delle più antiche calcolatrici e compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio e con la sua decifrazione del Copto e la sua interpretazione dei geroglifici gettò le basi che portarono all'attuale decodifica dell'antica scrittura egizia.

La vita di Athanasius fu costellata da molti eventi particolari tra cui ce ne furono alcuni che lo portarono addirittura molto vicino a perdere la vita: una volta rischiò di annegare perchè cadde in una crepa apertasi in un fiume ghiacciato ma anche se faticosamente, riuscì a trarsi in salvo; durante la guerra dei trent'anni per poco non fu impiccato da un gruppo di protestanti che dopo averlo circondato e derubato lo lasciarono andare perché riconobbero qualcosa di speciale nella sua estrema calma di fronte alla fine che stava subendo; da giovane si salvò miracolosamente dallo sfracellarsi quando fu trascinato dalla corrente verso la ruota di un mulino ad acqua; un'altra volta rimase miracolosamente illeso quando, mentre stava guardando una corsa di cavalli, finì accidentalmente sotto gli zoccoli degli animali. Grazie alla sua estrema fede in Dio e nel destino che, come affermò egli stesso, lo doveva portare a compiere qualcosa di grande, mantenne sempre una straordinaria calma cosa che gli fu di notevole aiuto anche in quei frangenti pericolosi.

Il Kircher possedeva una personalità poliedrica. Il suo carattere particolare lo spinse ad praticare per ben cinque anni un curioso esercizio. Per esercitare l'umiltà si finse stupido dal momento in cui fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Paderbon in Vestfalia (2 ott 1618) fino a quando non fu trasferito a Coblenza nel 1623. Dotato di una spiccata sensibilità verso il metafisico ebbe diverse visioni e sogni "profetici" come quello che gli preannunciò la distruzione, per ordine di Gustavo Astolfo di Svezia(1631), del collegio dei gesuiti di Wurzburg dove egli risiedeva. Era anche un uomo in cui una sterminata curiosità si legava ad una buona dose di temerarietà e questo lo portò, non solo ad ammirare in loco le eruzioni dell' Etna e dello Stromboli (1637) e ad osservare da Tropea terremoto che distrusse Sant'Eufemia nel 1638, ma addirittura come un novello Plinio Seniores, a scendere, all'età di più di settant'anni, nel cratere del Vesuvio per eseguire delle misurazioni.

Appassionato della storia arcaica dell'uomo intraprese moltissime ricerche indirizzate al reperimento di documenti e prove legate ad episodi a cavallo tra la storia e la mitologia. In particolare i suoi interessi si diressero principalmente su Atlantide di cui possedeva un'antica mappa che esamineremo in seguito e sui più importanti resoconti biblici come il Diluvio Universale, l'Arca di Noè, la Torre di Babele ed i Giganti per cui collezionò i resti di alcuni elefanti antidiluviani ritrovati a Trapani e Palermo nel 1636 e diversi scheletri dalle misure straordinariamente grandi (Le "ossa di giganti" delle grotte di Maredolce presso Palermo).

Le informazioni sulla sua vita oltre a pervenirci dall'innumerevole quantità di opere lasciateci e dalla folta corrispondenza che tenne con più di 760 personaggi dell'epoca, fra cui scienziati (Leibniz, Torricelli e Gassendi), medici, missionari gesuiti, due imperatori del Sacro Romano Impero, papi e potentati di tutto il mondo (Cristina di Svezia), ci arrivano anche attraverso la sua autobiografia di cui riportiamo l'incipit:

    "Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere."

Cronologicamente il giovane Athanasius entrò all'età di dieci anni nel collegio gesuita di Fulda e poi, ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn (2 ottobre 1618) ivi rimase finché gli esiti delle persecuzioni della guerra dei Trent'anni lo costrinsero ad andare prima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. Nel 1624 si trasferì prima a Mainz, dove nel 1628 divenne sacerdote e poi presso l'Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali. Nel 1633 ricevette, praticamente in contemporanea, due illustri proposte che lo volevano l'una a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell'imperatore Ferdinando II e l'altra a Roma per l'importante traduzione di alcuni vocabolari copti. Il destino lo mosse nel novembre del 1633 a Roma dove rimase per tutto il resto della sua vita fatta eccezione per un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore di Hesse-Darmstadt da poco convertitosi al cattolicesimo. Nel 1638 venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che lasciò otto anni dopo per dedicarsi completamente alle sue ricerche. Morì a Roma il 27 novembre 1680 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù mentre il suo cuore, per suo espresso volere, venne invece tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella vicino a Palestrina. Questo luogo, sin dal suo primo incontro avvenuto casualmente nel 1661, ebbe un'attrazione speciale per il gesuita. La chiesetta abbandonata che lì sorgeva si poggiava sulle rovine dell'antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant'Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un'iscrizione all'imperatore Costantino come ci viene descritto nella autobiografia Kircheriana:

    "Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina. Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica. Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto. … guidato da Dio, mi imbattei in una lastra di marmo su cui era inciso il testo seguente: In questo luogo si convertì Sant'Eustachio, allorchè il Cristo crocefisso gli apparve tra le corna di un cervo. In memoria di tale avvenimento, l'Imperatore Costantino il Grande fece erigere questa Chiesa, solennemente consacrata dal santo papa Silvestro I al culto della Madre di Dio, e di Sant'Eustachio."

Il Kircher si adoperò moltissimo per farla ristrutturare e da quel giorno decise che vi ci sarebbe recato ogni 29 settembre, giorno in cui si festeggia San Michele Arcangelo, e divenne per lui il posto dove egli più amava ritirarsi a meditare e a scrivere.

La sua poderosa produzione letteraria (più di trenta testi) lo fece apprezzare come uno dei più grandi eruditi del XVII secolo. Tra le sue opere più suggestive, ricordiamo il Prodromus Coptus sive Ægyptiacus (1636), Lingua Ægyptiaca restituta (1643), Ars Magna Lucis et umbrae in mundo (1645–1646), Obeliscus Pamphilius (1650), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650), Œdipus Ægyptiacus (1652–1655), Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664–1678), Obelisci Aegyptiaci interpretatio hieroglyphica (1666), China Monumentis, qua sacris qua profanis (1667), Ars magna lucis et umbrae (1671), Arca Noë (1675), Sphinx mystagoga (1676) e Turris Babel sive Archontologia (1679).