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Freedom Magazine - Palladio, l'identikit di un genio

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Articolo pubblicato

su Freedom Magazine

(N°1 NOVEMBRE 2019)

 

Freedom Magazine - PALLADIO, L’IDENTIKIT DI UN GENIO

 

LE STATUE DEL TEATRO OLIMPICO DI VICENZA

Il Teatro Olimpico è disseminato di statue. Sono novantacinque e sono state realizzate in pietra o stucco. Non rappresentano né eroi, né personaggi illustri né tantomeno divinità. Chi ritrarrebbero allora? Sono i membri dell’accademia promotrice della costruzione del teatro: l'Accademia Olimpica fondata da GianGiorgio Trissino. Dietro un compenso ogni Accademico poteva avere nel teatro la statua con ritratta la propria immagine e mostrarla ad amici e parenti quando venivano ad assistere agli spettacoli teatrali. Posta nella nicchia centrale, rappresentato con vesti ed insegne imperiali, spicca tra tutte la statua di Leonardo Valmarana, il Principe dell'Accademia.


LA BASILICA PALLADIANA AGLI OCCHI DI GOETHE

«Non è possibile descrivere l'impressione che fa la Basilica di Palladio»

Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia, lettera del 19 settembre 1786

 

 


 

 

 


 

 

 


PALLADIO, L’IDENTIKIT DI UN GENIO


Nel dicembre del 2010 il Congresso degli Stati Uniti dichiara che, un italiano, Andrea Palladio è il “padre” dell’architettura americana. Un’affermazione forte e motivo di grande vanto per il nostro paese. Come si è arrivati a questo sorprendente annuncio? Non molti sanno che la “Casa Bianca” di Washington negli Stati Uniti trae ispirazione dalle ville venete ideate dal Palladio. Molti aspetti della vita di questo straordinario artista rimangono però un mistero: non si conoscono né il giorno preciso né le cause della sua morte. È possibile che non si conosca nemmeno il suo vero volto e che solo in questi ultimi anni, grazie al lavoro della Polizia Scientifica, si è forse riusciti a scoprirlo? Per conoscere più da vicino la storia di questo prestigioso successo italiano dobbiamo indagare nella città che più lo rappresenta: Vicenza.


LA PRIMA GRANDE OPERA: LA BASILICA PALLADIANA

La storia di un genio che ha saputo, con le sue opere architettoniche, influenzare tutto il mondo occidentale parte della Basilica Palladiana situata nella splendida Piazza dei Signori in pieno centro storico di Vicenza. La Basilica Palladiana è un vero capolavoro tanto che nel 1994 viene inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO assieme alle altre architetture di Palladio a Vicenza e nel 2014 riceve anche la promozione a monumento nazionale dalla Camera e dal Senato della Repubblica.Verso la metà del Quattrocento il palazzo ospitava il “Palazzo della Ragione”, la sede delle magistrature pubbliche di Vicenza. A seguito di un crollo importante si decise di ricostruirlo. Venne quindi emesso un bando per la costruzione di un edificio nuovo e completamente innovativo. Se oggi si osserva questo monumento nella sua interezza si può notare come lo stile presente sulla terrazza sia nettamente diverso da quello della facciata. La terrazza è, infatti, in stile gotico con la parete realizzata a rombi in marmo rosso e gialletto di Verona (“bicromo alla veneziana”) mentre la facciata dell’edificio si presenta in stile classico con un grande loggiato in bianco marmo. Questo rende evidente come un nuovo edificio si sia sovrapposto al precedente inglobandolo come una scatola che ha dentro un’altra scatola. Perché un cambiamento così radicale? Il vecchio “Palazzo della Ragione” era un edificio bellissimo, allora perché modificarne completamente l’aspetto? Per conoscere i veri motivi dobbiamo fare un’analisi a più largo spettro inquadrando la situazione dei Vicenza in quegli anni. Nel 1404 Venezia occupa i territori interni perché vede che i commerci marittimi stanno vistosamente diminuendo. Vicenza entra quindi a far parte della Repubblica Serenissima Veneta. L’élite vicentina non conta più niente perché, non essendo di origine veneziana, non può accedere a posizioni politiche di rilievo. L’unica maniera per Vicenza per non perdere la propria identità è assimilarsi a qualcosa di grande che sia ben distinta da Venezia. Cosa c’è più grande di Venezia? L’antica Roma. Vicenza adotta così le radici culturali e architettoniche della città eterna con il fine di essere considerata l’erede della classicità greco-romana. In questo modo Vicenza può sentirsi autonoma e controbilanciare il gigante veneto. E qui che entra in gioco Palladio. Palladio nasce a Padova; è il figlio di un mugnaio e inizia a lavorare in bottega a 13 anni. È un giovane dal gran talento e viene preso a cuore dal mecenate vicentino Gian Giorgio Trissino, un politico rivoluzionario. Lui sarà la mente e Palladio ne diverrà il braccio; Trissino lo manda così a Roma a studiare i monumenti antichi. Con gli occhi pieni delle immortali bellezze romane e la mente illuminata dall’intensa lettura dei testi di Vitruvio, il più famoso architetto dell’antica Roma, Palladio crea uno stile unico che ripropone la classicità, l’armonia delle misure e la bellezza. Uno stile che è pienamente in linea con il sentimento di riscoperta dei classici propri del Rinascimento. È quello di cui Vicenza ha bisogno e così, nel 1549, il Consiglio cittadino di Vicenza approva il progetto di un architetto di trentotto anni, allora decisamente poco conosciuto: Andrea Palladio. Non è però un lavoro facile perché non si tratta solo di pura estetica. Il Palladio oltre a dotare il Palazzo della Ragione di un nuovo abito rinascimentale deve affrontare una prova difficilissima che solo i veri geni sanno superare. Deve riuscire a trasformare un monumento irregolare, quale era quello gotico, in un monumento che invece deve fare della regolarità un suo aspetto imprescindibile. Un’impresa quasi impossibile ma Palladio adotta diversi trucchi visivi per ottenere il risultato che tutti possono ora ammirare. La chiave di volta è la “serliana”, un elemento architettonico composto da un arco affiancato simmetricamente da due aperture con due colonne. Palladio quindi restringe o allarga questi segmenti laterali a seconda della necessità come se fosse una fisarmonica. L’occhio umano percepisce solo l’ampiezza degli archi ma non percepisce l’ampiezza dei segmenti laterali. Non tutte le serliane sono quindi uguali, ma noi non ce ne accorgiamo e l’aspetto della Basilica risulta quello di un monumento perfettamente simmetrico e armonico. Per completare l’opera, Palladio tramite l’utilizzo di balaustre presenti sulla terrazza riesce a sfumare ulteriormente lo stacco dovuto alle differenze dal suo loggiato con il palazzo gotico in esso contenuto. Ne esce fuori qualcosa che non si era mai visto prima. Viene chiamata “BASILICA” perché, come ci riporta il grande architetto romano Vitruvio, nell'antica Roma la basilica era un edificio pubblico utilizzato come luogo di riunioni pubbliche e di amministrazione della giustizia proprio come lo era il “Palazzo della ragione”. È il monumento che lo consacra. Un monumento veramente innovativo che lascia sbalorditi. È il primo grande passo che permetterà a Palladio di essere consacrato nell’olimpo dei grandi architetti di tutti i tempi.

LA NASCITA DI UNO STILE

L’artista padovano diventa presto l’architetto preferito dalle famiglie benestanti di Vicenza e trasforma di fatto la città progettando ben 23 edifici. Il suo estro non si ferma in città e costruisce 24 ville nel Veneto che nel 1996 entreranno a far parte del patrimonio UNESCO. Palladio stravolge anche il modo di concepire la villa che diventa un elemento non più nascosto ma messo ben in vista al centro di un paesaggio modellato appositamente. Una residenza sontuosa che riprende lo stile classico, un’altra vera rivoluzione che avrà enormi effetti non solo in Italia ma anche negli Stati uniti d’America .La Casa Bianca di Washington negli Stati Uniti trae proprio ispirazione dalle ville venete d Palladio. La scelta di adottare lo stile Palladiano è una scelta politica. La nascente repubblica statunitense deve decidere che forma dare alla casa di ‘mr.President’ e non vuole che sia simile ad altre dimore reali quali: Buckingham Palace o a Versailles; vuole una architettura “repubblicana”. In quel tempo esisteva un’unica repubblica che era quella di Venezia, per cui si è scelto lo stile delle ville venete per il presidente e signori americani. Una scelta che muterà per sempre il volto dell’America come sancito dal Congresso degli Stati Uniti, nel dicembre del 2010, che dichiara Palladio “padre” dell’architettura americana. Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, si innamora di questo stile a tal punto che considera i testi di Palladio (I Quattro Libri dell’Architettura) come se fossero la Bibbia. Fa persino chiamare “Monticello” la sua residenza sulle colline di Charlottsville perché ne “I Quattro Libri dell’Architettura” viene riportato che la villa “la rotonda” è costruita su un “monticello”. 

IL CAPOLAVORO FINALE: IL TEATRO OLIMPICO DI VICENZA

Nel 1555 e Andrea Palladio è ormai un artista acclamato e benvoluto da tutta la città. L’Accademia Olimpica di Vicenza, di cui egli stesso è tra i membri fondatori, gli commissiona la realizzazione di un teatro. L’edificio avrebbe preso il posto della vecchia fortezza medioevale più volte rimaneggiata e utilizzata nel tempo anche come prigione e polveriera prima del suo abbandono. Palladio supera sé stesso perché riesce a dare forma stabile al teatro, uno degli edifici simbolo della tradizione culturale classica. Basandosi sullo studio accurato del testo di Vitruvio e delle rovine dei complessi teatrali antichi realizza il primo teatro coperto al mondo. È un teatro dall’aspetto greco romano ma dal gusto pienamente rinascimentale; una bellezza assoluta. Il Teatro Olimpico di Vicenza è il capolavoro di Palladio, la sua ultima opera, il suo testamento in stucco e mattoni. I lavori iniziano nel febbraio del 1580 ma Andrea Palladio muore nell’agosto dello stesso anno. I lavori vengono proseguiti secondo i suoi canoni dal suo allievo Vincenzo Scamozzi che realizza delle incredibili scenografie fisse. Sono scenografie degne della migliore Cinecittà. Il corridoio sembra lunghissimo mentre in realtà è di pochi metri e questo effetto è frutto di un sofisticato studio di prospettiva elaborato dallo Scamozzi. Il Teatro olimpico viene inaugurato con l’Edipo Re di Sofocle nel 1585 e la scenografia, presente ancora oggi, riproduce proprio l’ambiente dove si svolge la tragedia greca: le 7 vie di Tebe. Le scene sono state realizzate in legno e stucco e non sono mai rimosse resistendo al tempo e ai frequenti pericoli d'incendio. Il teatro è ancora oggi utilizzato soprattutto per rappresentazioni classiche e concerti.


UNA MORTE MISTERIOSA

Andrea Palladio è un personaggio che con la sua arte ha segnato più di un’epoca, ma conosciamo veramente tutto di lui? Il mistero avvolge gli ultimi giorni della sua vita e un mistero ancor più fitto avvolge la sua morte. Nell'agosto del 1580 Palladio letteralmente scompare; muore in un luogo imprecisato e per cause sconosciute. Chi lo ha ucciso e perché? Quello che sappiamo è che nel 1578 uno dei figli del Palladio, Silla, acquista lo spazio per una tomba di famiglia nella chiesa vicentina di Santa Corona. Quando poi nell'Ottocento si decide di dedicargli una tomba monumentale e traslarne la salma nel cimitero monumentale cittadino accade qualcosa di inaspettato. Il 5 marzo 1831 sollevando la lastra tombale vengono trovati ben diciotto crani umani. Quale era allora il vero cranio del Palladio? All'epoca naturalmente non esistevano i metodi scientifici odierni per stabilire l'identità dei resti umani e allora come venne stabilito quale fosse il cranio del Palladio? Secondo i dottori dell’epoca doveva essere quello “più grosso” perché capace di alloggiare “un'intelligenza superiore”. Intorno al 1845, il copro di quel presunto Palladio fu così spostato con tutti gli onori nell'attuale mausoleo nel Cimitero Maggiore.


L’IDENTIKIT DEL PALLADIO

Nel 1570 Andrea Palladio pubblica il trattato “I quattro libri dell'architettura”, un testo che riuscirà ad influenzare profondamente tutta l’architettura occidentale. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare non pubblica nemmeno una sua immagine “ufficiale”. Questa mancanza è sentita molto nel ‘700 periodo in cui la figura dell’artista viene mitizzata. È, infatti, in questo periodo che vengono messi in circolo diversi suoi ritratti. Nel corso del tempo si accumulano tra Italia, Russia, Stati Uniti e Inghilterra ben 12 dipinti o illustrazioni che lo ritraggono ma sembrano essere molto diversi gli uni dagli altri. Qual è il suo vero volto allora? Un nodo che sembra essersi risolto molto recentemente grazie all’intervento degli storici dell’arte, dei tecnici del Ministero dei Beni Culturali e persino della sezione scientifica della Polizia di Stato. La polizia scientifica, impiegando una speciale tecnica usata per confrontare i volti di criminali e terroristi, è riuscita a comparare i dodici i ritratti stabilendo che gli unici due ritratti che hanno gli stessi tratti del volto sono quello russo e quello americano. Tutti gli altri appartengono a persone diverse, che magari assomigliano un po’ a Palladio ma non del tutto. 
Perché Palladio non avrebbe inserito un suo ritratto nei suoi testi per celebrarsi e farsi riconoscere come l’autore dell’opera, come era consuetudine al tempo? Cosa c’è di meglio per rappresentare un artista se non il frutto delle sue idee? Sono infatti i sui monumenti come il Teatro o la Basilica che ci riescono a dare la testimonianza più evidente del suo estro. Sicuramente il fatto di non conoscere il suo volto non ha fatto altro che alimentare leggende sul suo conto aumentandone il fascino ed il mistero. I suoi testi, senza una contestualizzazione fisica assumono una dimensione senza spazio e senza tempo, per cui possono andar bene in qualsiasi altro tempo e spazio tant’e vero che furono presi come esempio da Jefferson negli USA per la sua dimora e per la Casa Bianca.


 

Ultimo aggiornamento Venerdì 16 Ottobre 2020 14:41  


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Nikola Tesla

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Athanasius Kircher fu un personaggio molto particolare i cui interessi spaziarono in tutti i campi dello scibile umano. La sua ricerca si basava principalmente sulla comprensione dei meccanismi cardine che regolavano la natura. In totale affinità con il sentimento neoplatonico di cui fu uno dei massimi esponenti concepiva tutti gli aspetti del mondo sensibile come emanazione dell'uno dal quale andavano prendendo forma attraverso una serie di stati degradativi. Secondo Kircher questo processo di derivazione dalla fonte unica avveniva sempre con lo stesso meccanismo per ogni singolarità della natura e ciò permetteva che principi scoperti in un determinato campo erano, per analogia, applicabili ad un altro apparentemente molto diverso dal precedente. Con tale forma mentis egli poté investigare e conoscere a fondo un'infinità settori spaziando dall'astronomia alla matematica, dall'archeologia all'ottica, dalla chimica al magnetismo, dalla filosofia alla musica, dalla storia naturale alla fisica e alla gnomonica. Il suo sapere non si limitava al solo studio teorico ma era costantemente accompagnato da brillanti realizzazioni quali ad esempio il prototipo della lanterna magica che espose, insieme ad altre meraviglie meccaniche, nel suo "Wunderkammer" il primo museo della scienza al mondo. Creò inoltre una delle più antiche calcolatrici e compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio e con la sua decifrazione del Copto e la sua interpretazione dei geroglifici gettò le basi che portarono all'attuale decodifica dell'antica scrittura egizia.

La vita di Athanasius fu costellata da molti eventi particolari tra cui ce ne furono alcuni che lo portarono addirittura molto vicino a perdere la vita: una volta rischiò di annegare perchè cadde in una crepa apertasi in un fiume ghiacciato ma anche se faticosamente, riuscì a trarsi in salvo; durante la guerra dei trent'anni per poco non fu impiccato da un gruppo di protestanti che dopo averlo circondato e derubato lo lasciarono andare perché riconobbero qualcosa di speciale nella sua estrema calma di fronte alla fine che stava subendo; da giovane si salvò miracolosamente dallo sfracellarsi quando fu trascinato dalla corrente verso la ruota di un mulino ad acqua; un'altra volta rimase miracolosamente illeso quando, mentre stava guardando una corsa di cavalli, finì accidentalmente sotto gli zoccoli degli animali. Grazie alla sua estrema fede in Dio e nel destino che, come affermò egli stesso, lo doveva portare a compiere qualcosa di grande, mantenne sempre una straordinaria calma cosa che gli fu di notevole aiuto anche in quei frangenti pericolosi.

Il Kircher possedeva una personalità poliedrica. Il suo carattere particolare lo spinse ad praticare per ben cinque anni un curioso esercizio. Per esercitare l'umiltà si finse stupido dal momento in cui fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Paderbon in Vestfalia (2 ott 1618) fino a quando non fu trasferito a Coblenza nel 1623. Dotato di una spiccata sensibilità verso il metafisico ebbe diverse visioni e sogni "profetici" come quello che gli preannunciò la distruzione, per ordine di Gustavo Astolfo di Svezia(1631), del collegio dei gesuiti di Wurzburg dove egli risiedeva. Era anche un uomo in cui una sterminata curiosità si legava ad una buona dose di temerarietà e questo lo portò, non solo ad ammirare in loco le eruzioni dell' Etna e dello Stromboli (1637) e ad osservare da Tropea terremoto che distrusse Sant'Eufemia nel 1638, ma addirittura come un novello Plinio Seniores, a scendere, all'età di più di settant'anni, nel cratere del Vesuvio per eseguire delle misurazioni.

Appassionato della storia arcaica dell'uomo intraprese moltissime ricerche indirizzate al reperimento di documenti e prove legate ad episodi a cavallo tra la storia e la mitologia. In particolare i suoi interessi si diressero principalmente su Atlantide di cui possedeva un'antica mappa che esamineremo in seguito e sui più importanti resoconti biblici come il Diluvio Universale, l'Arca di Noè, la Torre di Babele ed i Giganti per cui collezionò i resti di alcuni elefanti antidiluviani ritrovati a Trapani e Palermo nel 1636 e diversi scheletri dalle misure straordinariamente grandi (Le "ossa di giganti" delle grotte di Maredolce presso Palermo).

Le informazioni sulla sua vita oltre a pervenirci dall'innumerevole quantità di opere lasciateci e dalla folta corrispondenza che tenne con più di 760 personaggi dell'epoca, fra cui scienziati (Leibniz, Torricelli e Gassendi), medici, missionari gesuiti, due imperatori del Sacro Romano Impero, papi e potentati di tutto il mondo (Cristina di Svezia), ci arrivano anche attraverso la sua autobiografia di cui riportiamo l'incipit:

    "Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere."

Cronologicamente il giovane Athanasius entrò all'età di dieci anni nel collegio gesuita di Fulda e poi, ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn (2 ottobre 1618) ivi rimase finché gli esiti delle persecuzioni della guerra dei Trent'anni lo costrinsero ad andare prima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. Nel 1624 si trasferì prima a Mainz, dove nel 1628 divenne sacerdote e poi presso l'Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali. Nel 1633 ricevette, praticamente in contemporanea, due illustri proposte che lo volevano l'una a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell'imperatore Ferdinando II e l'altra a Roma per l'importante traduzione di alcuni vocabolari copti. Il destino lo mosse nel novembre del 1633 a Roma dove rimase per tutto il resto della sua vita fatta eccezione per un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore di Hesse-Darmstadt da poco convertitosi al cattolicesimo. Nel 1638 venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che lasciò otto anni dopo per dedicarsi completamente alle sue ricerche. Morì a Roma il 27 novembre 1680 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù mentre il suo cuore, per suo espresso volere, venne invece tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella vicino a Palestrina. Questo luogo, sin dal suo primo incontro avvenuto casualmente nel 1661, ebbe un'attrazione speciale per il gesuita. La chiesetta abbandonata che lì sorgeva si poggiava sulle rovine dell'antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant'Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un'iscrizione all'imperatore Costantino come ci viene descritto nella autobiografia Kircheriana:

    "Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina. Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica. Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto. … guidato da Dio, mi imbattei in una lastra di marmo su cui era inciso il testo seguente: In questo luogo si convertì Sant'Eustachio, allorchè il Cristo crocefisso gli apparve tra le corna di un cervo. In memoria di tale avvenimento, l'Imperatore Costantino il Grande fece erigere questa Chiesa, solennemente consacrata dal santo papa Silvestro I al culto della Madre di Dio, e di Sant'Eustachio."

Il Kircher si adoperò moltissimo per farla ristrutturare e da quel giorno decise che vi ci sarebbe recato ogni 29 settembre, giorno in cui si festeggia San Michele Arcangelo, e divenne per lui il posto dove egli più amava ritirarsi a meditare e a scrivere.

La sua poderosa produzione letteraria (più di trenta testi) lo fece apprezzare come uno dei più grandi eruditi del XVII secolo. Tra le sue opere più suggestive, ricordiamo il Prodromus Coptus sive Ægyptiacus (1636), Lingua Ægyptiaca restituta (1643), Ars Magna Lucis et umbrae in mundo (1645–1646), Obeliscus Pamphilius (1650), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650), Œdipus Ægyptiacus (1652–1655), Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664–1678), Obelisci Aegyptiaci interpretatio hieroglyphica (1666), China Monumentis, qua sacris qua profanis (1667), Ars magna lucis et umbrae (1671), Arca Noë (1675), Sphinx mystagoga (1676) e Turris Babel sive Archontologia (1679).