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Freedom Magazine - Messico: i tunnel della vittoria di Puebla

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Articolo pubblicato

su Freedom Magazine

(N°3 GENNAIO 2020)

 

Freedom Magazine - MESSICO: I TUNNEL DELLA VITTORIA DI PUEBLA


LA LETTERA DELLA VITTORIA

Il generale messicano Ignacio Zaragoza informò il suo superiore, il presidente Benito Juárez, della vittoria sull’esercito francese mediante una lettera. Il testo della lettera era composto da una sola frase che rimase celebre:

“Le armate nazionali si sono coperte di gloria”












MESSICO: I TUNNEL DELLA VITTORIA DI PUEBLA


“El Cinco de Mayo” è una delle festività più importanti del Messico. Viene celebrato con feste che coinvolgono non solo gli abitanti di Puebla ma anche i cittadini messicani presenti sul territorio californiano. Il 5 di maggio del 1862 si svolse la celebre “Battaglia di Puebla”. Si trattò di una clamorosa vittoria contro gli invasori francesi. Divenne il simbolo del coraggio messicano e rimase nel cuore di tutto il paese come esempio di unità nazionale. È una vittoria che all’apparenza sembra impossibile! Come fecero le forze della resistenza messicana a prevalere sul più numeroso ed equipaggiato esercito francese? Il segreto di questo formidabile successo sembra essere custodito in un luogo nascosto della bellissima città di Puebla. Una serie di gallerie sotterranee sono recentemente riemerse dall’oblio del tempo. Una rete capace di connettere segretamente diversi conventi e molti luoghi strategici della città. Chi l’avrebbe costruita, quando e a quale scopo?

I TUNNEL DEI FRATI FRANCESCANI

Da generazioni, di padre in figlio, si tramanda l’esistenza di una rete di tunnel sotterranei che collegano varie parti di questa città. Per scoprire se si tratti di leggende o verità dobbiamo andare a ritroso nel tempo e partire proprio dall’anno della sua fondazione. Puebla fu una delle prime città insediate durante l'era coloniale spagnola. Nel 1531 un gruppo dei Frati Minori dell’ordine francescano si stabilì in questo luogo che divenne in breve tempo un importante centro per il clero cattolico. I frati portarono non solo i dettami di una nuova religione ma anche un sapere secolare che si esplicava in cultura, arte, architettura e ingegneria. Quei frati, oltre il sapere religioso e culturale, trasmisero nelle nuove terre anche competenze architettoniche per la costruzione di edifici e portarono conoscenze sulla botanica e addirittura sull’idraulica; molti conventi, infatti, erano forniti di una buona fonte di acqua che veniva distribuita nelle varie aree degli edifici attraverso apposite tubature. È possibile allora che oltre tutto questo, in maniera occulta, i frati abbiano potuto realizzare una serie di camminamenti sotterranei per collegare via via le chiese e i conventi della zona? Un’ipotesi più che plausibile se consideriamo le strutture dei nostri conventi. Passaggi segreti che potevano servire per rendere sicure le comunicazioni e il trasporto di preziosi in un periodo non facile e non troppo sicuro della storia messicana.


LA SCOPERTA

Finora si credeva fossero solo leggende metropolitane, ma le autorità cittadine hanno confermato l’esistenza di questi tunnel. Nel 2011 venne scoperto un antico accesso a queste gallerie. Sarà per uno strano caso del destino che questo ingresso si trovi nella strada che porta proprio la data del “5 di maggio”: Blvd 5 de Mayo. Risalenti al 1531, anno della fondazione della città, questi si estenderebbero per 10 chilometri al di sotto del suo centro storico. Secondo gli archeologi l’area dei tunnel coprirebbe una rete di collegamento tra i principali conventi della zona: San Domingo, San Agustin, La Merced e San Javier. Chiese e conventi potevano quindi avere dei passaggi segreti per l’accesso a queste gallerie e così essere messi in comunicazione?
Nei sotterranei ci sono veri e propri pezzi di storia come il ponte Bubas, un ponte in pietra del ‘600 che serviva per attraversare la più importante risorsa idrica della zona: il fiume San Francisco. Fu chiamato così perché venne usato dai frati francescani per raggiungere l'ospedale dove si prendevano cura dei pazienti affetti dalla peste bubbonica. Il ponte al tempo era veramente strategico perché costituiva quel confine che delimitava l’accesso al cuore città e quindi, se controllato opportunamente, fungeva da eccellente ostacolo per un’eventuale contaminazione.
Secondo quanto sappiamo i tunnel rimasero operativi fino ad almeno un secolo e mezzo fa. Ma perché se ne persero le tracce? Sappiamo che Puebla nel 1600 subì un’inondazione e metà della città rimase ricoperta dal fango. Probabilmente diverse inondazioni, nel corso del tempo, hanno contribuito a occultare la presenza di questa rete sotterranea. Al momento della loro scoperta, infatti, ben quattro entrate risultarono completamente chiuse dalla terra e dal fango. Le ricerche hanno messo in evidenza anche una linea sotterranea che dal centro della città arriva verso la parte nord di Puebla fino a giungere nella zona dei forti: Fort Loreto e Fort di Guadalupe, che risulterebbero anch’essi collegati tra loro. È emersa poi una terza linea che partendo da Fort Guadalupe arriva alla chiesa di Los Remedios, dove le forze di difesa di Puebla presero posto per fronteggiare l’esercito francese nella storica battaglia del 5 maggio 1862. La battaglia vide l’esercito messicano sconfiggere clamorosamente le superiori forze di occupazione. La presenza di questi tunnel potrebbe fornire un ulteriore fattore per comprendere meglio uno dei più celebri eventi della storia Messicana. Cosa avvenne veramente? Quali sono i contorni di questa storia?


LA BATTAGLIA DEL 5 DI MAGGIO

Nel luglio 1861 le truppe francesi di Napoleone III, col pretesto di riscattare alcuni debiti insoluti, si misero in marcia verso Città del Messico. Era un esercito nettamente più organizzato e equipaggiato di quello messicano ma nel suo cammino dovette fare i conti con l'orgoglio della popolazione di Puebla, che il 5 maggio del 1862, guidati dal generale Ignacio Zaragoza, riuscì a riportare una clamorosa vittoria sugli invasori.
Puebla fu tristemente costretta a capitolare pochi giorni dopo, il 17 maggio. La guerra comunque si risolse pochi anni dopo a favore dei Messicani. Per Napoleone III si trattò, oltre che di una sconfitta, anche di una grossa perdita di prestigio perché, con la scusa dei i debiti non pagati, aveva, in realtà, tentato di fare del Messico una loro colonia, ma fallì miseramente L’avvenimento fu decisamente importante perché dimostrava che il Messico e l'America Latina intera erano in grado di fermare gli stati imperialisti. Quel fatidico “cinque maggio” è rimasto nel cuore dei messicani come esempio di unità nazionale, tanto da essere ricordato ogni anno con feste che coinvolgono non solo gli abitanti di Puebla ma anche i cittadini messicani presenti sul territorio californiano.

LOS FUERTES

Una battaglia e un simbolo per tutto il Messico che forse non sarebbero stati tali senza la presenza di queste gallerie sotterranee. I collegamenti segreti tra le zone nevralgiche della città potrebbero aver avuto un grosso ruolo in quella giornata storica perché potevano non solo garantire facili e sicuri spostamenti di truppe di armi ma servire anche come importanti vie di comunicazione per poter organizzare al meglio la resistenza. Secondo le stime degli studiosi la rete di cunicoli si estenderebbe per ben 10 km; uno dei tratti porta dal centro della città fino all'area dei “Los Fuertes” ossia dei Fortini militari, vero e proprio quartier generale del generale Ignacio Zaragoza eroe della battaglia del 5 maggio 1862.
Nel corso del ‘600 i frati francescani costruirono un eremo sulla parete est della collina dei forti, che successivamente venne trasformato in un tempio dedicato alla Vergine di Guadalupe; Sul lato ovest, invece, fu eretto un altro tempio in onore della Vergine di Loreto. Nei primi anni del 1800 vennero ricostruiti come fortificazioni con scopi militari e presero rispettivamente i nomi di “Fuerte de Guadalupe” e “Fuerte de Loreto”. I due forti distano uno dall’altro poco meno di 1 km, sono stati recentemente restaurati e sono stati dichiarati patrimonio del Messico. Durante la Battaglia del 5 di maggio hanno rivestito un ruolo fondamentale perché fungevano da quartier generale delle operazioni dell'“Esercito d'Oriente” sotto il comando di Ignacio Zaragoza. Si tratta del punto nodale delle battaglie combattute a Puebla perché i forti costituivano la “porta” che militarmente permetteva l'accesso della città. Se fossero caduti, la resa di Puebla sarebbe stata inevitabile e così si sarebbe aperto definitivamente per i francesi il passaggio verso a Città del Messico.In questo contesto si capisce perché sia stata così importante questa rete di cunicoli. Leggende parlano di soldati fantasma che all’improvviso, immersi in una nuvola di polvere, apparivano nei vari punti nevralgici degli scontri. È probabile quindi che i soldati nascosti nei tunnel emergessero all’improvviso sul campo di battaglia destabilizzando l’organizzazione e l’animo dei francesi.

“UN POPOLO, UNA BATTAGLIA, UNA VITTORIA

”La battaglia del 5 di maggio è di fatto una data storica in cui si ricordano la fierezza e l’orgoglio della resistenza messicana. Un successo reso anche possibile dalla presenza di tunnel segreti che permettevano la comunicazione tra i punti nevralgici della città. Gallerie sotterranee che si credevano solo frutto di leggende ma che recentemente sono state in parte riportate alla luce. I lavori sono ancora in corso e chissà cos’altro potrà spuntare fuori. Certo è davvero affascinante sapere che questi cunicoli hanno avuto origine dai primi passi degli ordini monastici alle prese con la fondazione delle colone dell’America Latina. Ordini che seppero portare dall’Europa cultura, arte, conoscenze e, a volte, come abbiamo visto, qualche inaspettato segreto.



Ultimo aggiornamento Venerdì 16 Ottobre 2020 14:46  


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Nikola Tesla

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Athanasius Kircher fu un personaggio molto particolare i cui interessi spaziarono in tutti i campi dello scibile umano. La sua ricerca si basava principalmente sulla comprensione dei meccanismi cardine che regolavano la natura. In totale affinità con il sentimento neoplatonico di cui fu uno dei massimi esponenti concepiva tutti gli aspetti del mondo sensibile come emanazione dell'uno dal quale andavano prendendo forma attraverso una serie di stati degradativi. Secondo Kircher questo processo di derivazione dalla fonte unica avveniva sempre con lo stesso meccanismo per ogni singolarità della natura e ciò permetteva che principi scoperti in un determinato campo erano, per analogia, applicabili ad un altro apparentemente molto diverso dal precedente. Con tale forma mentis egli poté investigare e conoscere a fondo un'infinità settori spaziando dall'astronomia alla matematica, dall'archeologia all'ottica, dalla chimica al magnetismo, dalla filosofia alla musica, dalla storia naturale alla fisica e alla gnomonica. Il suo sapere non si limitava al solo studio teorico ma era costantemente accompagnato da brillanti realizzazioni quali ad esempio il prototipo della lanterna magica che espose, insieme ad altre meraviglie meccaniche, nel suo "Wunderkammer" il primo museo della scienza al mondo. Creò inoltre una delle più antiche calcolatrici e compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio e con la sua decifrazione del Copto e la sua interpretazione dei geroglifici gettò le basi che portarono all'attuale decodifica dell'antica scrittura egizia.

La vita di Athanasius fu costellata da molti eventi particolari tra cui ce ne furono alcuni che lo portarono addirittura molto vicino a perdere la vita: una volta rischiò di annegare perchè cadde in una crepa apertasi in un fiume ghiacciato ma anche se faticosamente, riuscì a trarsi in salvo; durante la guerra dei trent'anni per poco non fu impiccato da un gruppo di protestanti che dopo averlo circondato e derubato lo lasciarono andare perché riconobbero qualcosa di speciale nella sua estrema calma di fronte alla fine che stava subendo; da giovane si salvò miracolosamente dallo sfracellarsi quando fu trascinato dalla corrente verso la ruota di un mulino ad acqua; un'altra volta rimase miracolosamente illeso quando, mentre stava guardando una corsa di cavalli, finì accidentalmente sotto gli zoccoli degli animali. Grazie alla sua estrema fede in Dio e nel destino che, come affermò egli stesso, lo doveva portare a compiere qualcosa di grande, mantenne sempre una straordinaria calma cosa che gli fu di notevole aiuto anche in quei frangenti pericolosi.

Il Kircher possedeva una personalità poliedrica. Il suo carattere particolare lo spinse ad praticare per ben cinque anni un curioso esercizio. Per esercitare l'umiltà si finse stupido dal momento in cui fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Paderbon in Vestfalia (2 ott 1618) fino a quando non fu trasferito a Coblenza nel 1623. Dotato di una spiccata sensibilità verso il metafisico ebbe diverse visioni e sogni "profetici" come quello che gli preannunciò la distruzione, per ordine di Gustavo Astolfo di Svezia(1631), del collegio dei gesuiti di Wurzburg dove egli risiedeva. Era anche un uomo in cui una sterminata curiosità si legava ad una buona dose di temerarietà e questo lo portò, non solo ad ammirare in loco le eruzioni dell' Etna e dello Stromboli (1637) e ad osservare da Tropea terremoto che distrusse Sant'Eufemia nel 1638, ma addirittura come un novello Plinio Seniores, a scendere, all'età di più di settant'anni, nel cratere del Vesuvio per eseguire delle misurazioni.

Appassionato della storia arcaica dell'uomo intraprese moltissime ricerche indirizzate al reperimento di documenti e prove legate ad episodi a cavallo tra la storia e la mitologia. In particolare i suoi interessi si diressero principalmente su Atlantide di cui possedeva un'antica mappa che esamineremo in seguito e sui più importanti resoconti biblici come il Diluvio Universale, l'Arca di Noè, la Torre di Babele ed i Giganti per cui collezionò i resti di alcuni elefanti antidiluviani ritrovati a Trapani e Palermo nel 1636 e diversi scheletri dalle misure straordinariamente grandi (Le "ossa di giganti" delle grotte di Maredolce presso Palermo).

Le informazioni sulla sua vita oltre a pervenirci dall'innumerevole quantità di opere lasciateci e dalla folta corrispondenza che tenne con più di 760 personaggi dell'epoca, fra cui scienziati (Leibniz, Torricelli e Gassendi), medici, missionari gesuiti, due imperatori del Sacro Romano Impero, papi e potentati di tutto il mondo (Cristina di Svezia), ci arrivano anche attraverso la sua autobiografia di cui riportiamo l'incipit:

    "Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere."

Cronologicamente il giovane Athanasius entrò all'età di dieci anni nel collegio gesuita di Fulda e poi, ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn (2 ottobre 1618) ivi rimase finché gli esiti delle persecuzioni della guerra dei Trent'anni lo costrinsero ad andare prima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. Nel 1624 si trasferì prima a Mainz, dove nel 1628 divenne sacerdote e poi presso l'Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali. Nel 1633 ricevette, praticamente in contemporanea, due illustri proposte che lo volevano l'una a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell'imperatore Ferdinando II e l'altra a Roma per l'importante traduzione di alcuni vocabolari copti. Il destino lo mosse nel novembre del 1633 a Roma dove rimase per tutto il resto della sua vita fatta eccezione per un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore di Hesse-Darmstadt da poco convertitosi al cattolicesimo. Nel 1638 venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che lasciò otto anni dopo per dedicarsi completamente alle sue ricerche. Morì a Roma il 27 novembre 1680 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù mentre il suo cuore, per suo espresso volere, venne invece tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella vicino a Palestrina. Questo luogo, sin dal suo primo incontro avvenuto casualmente nel 1661, ebbe un'attrazione speciale per il gesuita. La chiesetta abbandonata che lì sorgeva si poggiava sulle rovine dell'antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant'Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un'iscrizione all'imperatore Costantino come ci viene descritto nella autobiografia Kircheriana:

    "Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina. Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica. Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto. … guidato da Dio, mi imbattei in una lastra di marmo su cui era inciso il testo seguente: In questo luogo si convertì Sant'Eustachio, allorchè il Cristo crocefisso gli apparve tra le corna di un cervo. In memoria di tale avvenimento, l'Imperatore Costantino il Grande fece erigere questa Chiesa, solennemente consacrata dal santo papa Silvestro I al culto della Madre di Dio, e di Sant'Eustachio."

Il Kircher si adoperò moltissimo per farla ristrutturare e da quel giorno decise che vi ci sarebbe recato ogni 29 settembre, giorno in cui si festeggia San Michele Arcangelo, e divenne per lui il posto dove egli più amava ritirarsi a meditare e a scrivere.

La sua poderosa produzione letteraria (più di trenta testi) lo fece apprezzare come uno dei più grandi eruditi del XVII secolo. Tra le sue opere più suggestive, ricordiamo il Prodromus Coptus sive Ægyptiacus (1636), Lingua Ægyptiaca restituta (1643), Ars Magna Lucis et umbrae in mundo (1645–1646), Obeliscus Pamphilius (1650), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650), Œdipus Ægyptiacus (1652–1655), Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664–1678), Obelisci Aegyptiaci interpretatio hieroglyphica (1666), China Monumentis, qua sacris qua profanis (1667), Ars magna lucis et umbrae (1671), Arca Noë (1675), Sphinx mystagoga (1676) e Turris Babel sive Archontologia (1679).