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Freedom Magazine - La Sibilla Cumana

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Articolo pubblicato

su Freedom Magazine

(N°2 DICEMBRE 2019)

 

Freedom Magazine - sibilla cumana

 

UN ANTICO CALENDARIO LUNARE

Proprio prima dell’ingresso dell’antro della Sibilla c’è una parete che presenta misteriosi segni: una serie di intagli che si susseguono ad intervalli regolari, sicuramente incisi intenzionalmente. Potrebbero essere forse dei riferimenti astronomici? Chi li ha studiati sostiene si tratti di un calendario lunare. Questo tipo di calendario segnava il mese in base alle fasi della Luna. Sono infatti presenti 29 tacche (20 nella parte superiore e 9 in quella inferiore) quanti sono i giorni del mese lunare. Un sistema che storicamente veniva utilizzato in un periodo compreso tra il 10.000 a.C. fino all’età del ferro. La sua rappresentazione simbolica, però, potrebbe aver continuato ad essere usata fino ai primi secoli a.C. non più per fini pratici ma esclusivamente per la celebrazione di riti riferiti al culto lunare e femminile.


I LIBRI SIBILLINI

Quale importanza rivestiva la Sibilla Cumana nei tempi antichi? Forse una leggenda narrata dagli storici può farci capire quanto fosse nota o almeno quanto fossero famosi i suoi oracoli. Si racconta che la Sibilla Cumana avesse compilato ben 9 libri di profezie e li avesse offerti all’allora Re di Roma Tarquinio ad un prezzo molto alto (trecento filippi). Il Re, colpito dall’enormità della somma, non accettò l’offerta e allora lei ne bruciò 3 chiedendo la stessa cifra per i rimanenti 6. Il Re la prese per pazza e la derise. Per tutta risposta lei ne bruciò altri 3 chiedendo sempre lo stesso ammontare. Tarquinio, turbato da questo atteggiamento, mandò a consultare i sacerdoti che gli consigliarono di comprare i tre libri rimasti al prezzo richiesto se non avesse voluto incorrere in una grande sventura. Quei testi sono conosciuti come i “Libri Sibillini”, i libri oracolari più importanti di Roma. Erano custoditi nel tempio di Giove Capitolino e furono consultati nei momenti più indispensabili e cruciali della storia di Roma.

 

 


 

 

 


 

 

 


LA SIBILLA CUMANA

 

La Porta degli inferi

Esiste veramente una porta per l’inferno? I grandi poemi dell’epica classica: l’Odissea di Omero e l’Eneide di Virgilio parlano di un sito dove i rispettivi eroi Ulisse e Enea discendono negli inferi. Quali luoghi hanno ispirato queste vicende epiche? Perché molti sono convinti che si trovi nella zona dei Campi Flegrei a pochi chilometri da Napoli? Molte leggende di questo antro infernale si legano indissolubilmente ad un altro mito che ci parla della più famosa delle profetesse del mondo antico: la Sibilla Cumana. È veramente stato trovato il suo leggendario antro? Quale antica e misteriosa popolazione avrebbe scavato la lunga serie di tunnel che si trovano nei pressi dell’oracolo?
“Di qui comincia la via che porta alle onde del Tartareo Acheronte, qui un gorgo torbido di fango ribolle in una vasta voragine ed erutta tutta la sua melma nel Cocito.”ENEIDE LIBRO VI - vv. 295-316
La zona dei Campi Flegrei è caratterizzata dalla presenza di circa 40 antichi vulcani: le “fumarole” .Le profonde fessure del suolo da cui fuoriescono fango che ribolle e vapori e gas vulcanici ad alte temperature (dai 100 ai 900°C), offrono uno scenario veramente “infernale”. Immaginate ora di essere nell’antichità e di trovarvi davanti ad un simile scenario. Non pensereste anche voi di essere al cospetto della porta dell’inferno? Così doveva apparire anche il lago Averno che si trova a pochi km da quell’area. La tradizione narra di come, in tempi antichi, questo lago fosse circondato da foreste nere ed incombenti. Aveva, inoltre, acque profonde e sulfuree le cui esalazioni erano mortali tanto da tener lontani gli uccelli. Il nome “Averno” deriverebbe proprio dal greco “a-ornos” ossia “senza uccelli”. Secondo il mito Enea sarebbe sceso nell’Ade (così era chiamato il regno dei morti nell’antichità) proprio da un cunicolo sotterraneo del lago Averno. Inoltre nell’Odissea viene raccontato un episodio analogo in cui Ulisse, dopo essere stato dalla Maga Circe, si reca nel mondo degli Inferi. Omero, però, non specifica il luogo ma potrebbe benissimo trattarsi di quest’area perché dista soli 100 km dal Circeo, la dimora della Maga.



Un Popolo antico e misterioso

In questo racconto dell’Odissea Omero ci parla di un posto perennemente avvolto dalle nebbie, dove non arriva mai il sole ed è abitato da un misterioso popolo: “I CIMMERI”, una popolazione che secondo anche altri storici antichi avrebbe dimorato in posti tenebrosi proprio nelle vicinanze del lago Averno.


“che questo luogo fosse una Porta agli Inferi e vi localizzavano le leggende dei Cimmerî; entravano qui navigando quelli che avevano offerto sacrifici e fatto suppliche agli dèi infernali e c’erano sacerdoti che davano indicazioni in proposito e che avevano appunto quest’incombenza sul luogo. C’è poi lì una fonte di acqua fluviale sulla riva del mare: tutti se ne astenevano, ritenendola acqua dello Stige.» A suffragio delle sue parole, l’autore cita altri storici precedenti a lui: «Eforo, che localizza qui i Cimmerî, dice che essi abitavano in dimore sotterranee chiamate “argille”, che si incontravano fra loro attraverso gallerie sotterranee e conducevano gli stranieri alla sede dell’oracolo, situato sotto terra, molto in profondità. Essi vivevano dei proventi derivati dallo sfruttamento delle miniere.”

Strabone, Geografia V, 4, 5,


Un popolo quindi costruttore di gallerie che viveva nei suoi cunicoli? Possibile? Il territorio di Napoli e dei suoi dintorni è disseminato di gallerie. Alcune sono naturali mentre altre, invece, vennero costruite dall’uomo in età classica. Greci e Romani potrebbero, almeno in parte, aver utilizzato cunicoli già presenti scavati in precedenza? Potrebbero essere stati i mitici Cimmeri, questa oscura popolazione che, come abbiamo visto, era strettamente legata ai culti oracolari? Cuma vanta il titolo della più antica colonia greca d’Occidente e le sue origini si perdono tra le nebbie del tempo. La leggenda vuole che nell’antica Cuma ci fosse l’antro della più popolare delle profetesse del mondo antico: “La Sibilla Cumana”. Esiste una galleria di 300 metri scavata nella roccia che collegava il porto al Foro della città. Non sarebbe però l’unica. Ce ne sono diverse che interessano tutta la zona flegrea. Sono romane, greche o potrebbero essere addirittura antecedenti? 
Sappiamo che ai tempi di Augusto si volle pesantemente potenziare militarmente la zona (grazie a Marco Vipsanio Agrippa lo stratega di Ottaviano Augusto, quello che a Roma fece costruire il Pantheon per intenderci) e per questo, nel 37 a.C., fu scelto Lucio Cocceio Aucto un grande architetto e ingegnere romano originario proprio di Cuma. Fu incaricato di eseguire una serie di opere comprendenti la costruzione del nuovo Portus Iulius e il suo collegamento con il porto di Cuma tramite la cosiddetta “Grotta di Cocceio”, che prende appunto nome dall’architetto e la “Crypta Romana” quella che collegava il porto al Foro della città. Erano tutte delle scorciatoie per agevolare la dinamicità dell’esercito negli spostamenti.
Gallerie in cui è passata la storia. Sembra incredibile ma alcune di queste sono state riscoperte solo di recente come nel caso della “Crypta Romana”: i Bizantini nel 500, nel tentativo di raggiungere la città durante l’assedio di Cuma, ampliarono la galleria principale indebolendone la struttura. Una vasta sezione della volta crollò rendendo questo corridoio impraticabile e destinato all'oblio. Fu riportato alla luce solamente tra il 1925 e il 1931 dall'archeologo Amedeo Maiuri. Al suo interno vi si trovano pozzi creati per scavare la galleria ma anche per alimentare il condotto di aria e di luce. Sono ben visibili anche segni di qualcosa di precedente ai Romani come alcune misteriose incisioni che ancora non hanno trovato un’interpretazione accettabile e condivisibile. Vi sono poi ambienti decisamente suggestivi come l’interno di una cisterna che presenta alcuni particolari di cui non è ancora ben nota la funzionalità. Ma chi avrebbe costruito tutto questo?
Quando si riadatta un ambiente costruito nel tufo è possibile che si perda addirittura completamente traccia della funzionalità precedente. Sappiamo veramente tutto di questo luogo prima dell’intervento dei Romani? Abbiamo indizi sul fatto che siano state cave greche, ma prima? L’idea che fossero costruite da una popolazione antecedente è stata presa in considerazione già all’epoca di Augusto. Secondo Strabone, un famoso storico romano del tempo, l’architetto Lucio Cocceio non avrebbe costruito dal nulla questa rete di gallerie ma avrebbe ampliato e prolungato alcune preesistenti. Secondo questo storico le avrebbero costruite proprio la popolazione dei Cimmeri, la stessa citata da Omero. Verità o solo leggende? L’archeologia, almeno per gli scavi effettuati sino ad ora, non ha potuto riscontrare evidenze di culture antecedenti a quella greca. Molti sostengono che i Cimmeri siano solo un’invenzione letteraria e semmai ci fosse stata una popolazione che risiedeva in questi luoghi dovevano essere gli Opici una antica popolazione italica.

L’antro della Sibilla

Culti, miti e popolazioni di un antico e oscuro passato sembrano incrociarsi continuamente in questo complesso archeologico. Tutto ciò rende ancora più affascinante e misteriosa la presenza a Cuma del mitico Antro della Sibilla Cumana. Ma cosa si intende per Sibilla e cosa sono gli Oracoli? La Sibilla Cumana riveste un ruolo fondamentale sia nel mito che nella storia. Dopo aver predetto il futuro ad Enea lo accompagna nell’oltretomba facendolo passare attraverso una misteriosa grotta del lago di Averno: “La porta degli inferi”. Un luogo che poteva essere molto simile a quello delle fumarole dei vicini Campi Flegrei. La Sibilla Cumana era una delle più importanti sibille dei tempi antichi. Queste profetesse avevano un’importanza fondamentale sia per i Greci che per i Romani perché le loro predizioni potevano determinare guerre e scelte politiche decisamente rilevanti. Ma chi erano e soprattutto come riuscivano a predire il futuro? Erano Sacerdotesse in grado di entrare in uno stato di trance mediante il quale ricevevano direttamente dal Dio Apollo i famosi “oracoli”, ossia visioni su avvenimenti futuri. Per entrare in questo stato le sibille masticavano foglie di alloro o aspiravano fumi vulcanici intossicanti che uscivano da spaccature del terreno. Allora, invasate come se possedute dalla divinità, rivelavano il futuro proferendolo con un timbro di voce alterato o scrivendolo su foglie di palma che poi spargevano al vento. Ci racconta Virgilio che Enea, invece, consigliato dal padre, non si fece scrivere i responsi su fogli di palma perché sarebbe stato troppo difficile poi ricomporne il senso; se li fece quindi pronunciare a voce. Potrebbe essere quello di Cuma il vero antro della Sibilla descritto da Virgilio nell’Eneide? Lo hanno cercato in molti e per parecchio tempo. Lo avrebbero creduto solo leggenda se scavi archeologici non lo avessero portato alla luce nel 1932. L’effetto che si ha alla vista della galleria è impressionante. Si tratta di un corridoio scavato nel tufo lungo 131 metri, alto 5 e largo 2,5 che per tutto il suo cammino mantiene una suggestiva e precisa forma trapezoidale. Ha un alto livello di definizione con pareti che si presentano lisce e ornate da una sporgenza convessa che ne segna tutto il percorso. Un ambiente che ha un forte impatto visivo e che sicuramente poteva rendere molto suggestivo l’incontro con la Sibilla. È un colpo d’occhio che ci riporta alla mente le parole di Virgilio.


“L’immenso fianco della rupe euboica s’apre in un antro: vi conducono cento ampi passaggi, cento porte; di lì erompono altrettante voci, i responsi della Sibilla“

ENEIDE LIBRO VI vv. 42-53

Ci sono 12 brevi passaggi laterali che si aprono sul fianco del colle da cui filtra la luce. Un gioco di “chiaro – scuro” che poteva creare diversi tipi di suggestione. Osservando una persona camminare all’interno si avrebbe avuto la sensazione di vederla apparire e scomparire improvvisamente mentre l’eco generato da questa struttura così particolare concorreva a rendere l’apparizione della Sibilla ancora più surreale. Veri e propri “effetti speciali” che erano oltretutto amplificati dall’angoscia e dal timore di trovarsi al cospetto di una divinità. Il tutto faceva sì che il responso dell’oracolo fosse percepito in tutta la sua potenza suggestiva.
Alla fine della galleria si arriva in quella che dovrebbe essere la stanza dell’Oracolo. Sulle pareti si possono notare una sorta di cardini che lasciano presupporre la presenza di una porta. Una stanza di soli 4 metri, forse troppo piccola per l’oracolo. Gli studiosi la inquadrano come un’opera tardo romana. Purtroppo il riadattamento di opere in tufo non ci permette di capire quale potrebbe essere stata la dimensione e la funzione originaria. 
Dove finisce il mito ed inizia la Storia? Per ora non si può né affermare né smentire che si tratti del vero antro della Sibilla ma è comunque un luogo molto suggestivo in cui riecheggiano i miti di Enea, della Sibilla e di un terrificante viaggio negli inferi. 


 

 


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Platone

Platone


Athanasius Kircher fu un personaggio molto particolare i cui interessi spaziarono in tutti i campi dello scibile umano. La sua ricerca si basava principalmente sulla comprensione dei meccanismi cardine che regolavano la natura. In totale affinità con il sentimento neoplatonico di cui fu uno dei massimi esponenti concepiva tutti gli aspetti del mondo sensibile come emanazione dell'uno dal quale andavano prendendo forma attraverso una serie di stati degradativi. Secondo Kircher questo processo di derivazione dalla fonte unica avveniva sempre con lo stesso meccanismo per ogni singolarità della natura e ciò permetteva che principi scoperti in un determinato campo erano, per analogia, applicabili ad un altro apparentemente molto diverso dal precedente. Con tale forma mentis egli poté investigare e conoscere a fondo un'infinità settori spaziando dall'astronomia alla matematica, dall'archeologia all'ottica, dalla chimica al magnetismo, dalla filosofia alla musica, dalla storia naturale alla fisica e alla gnomonica. Il suo sapere non si limitava al solo studio teorico ma era costantemente accompagnato da brillanti realizzazioni quali ad esempio il prototipo della lanterna magica che espose, insieme ad altre meraviglie meccaniche, nel suo "Wunderkammer" il primo museo della scienza al mondo. Creò inoltre una delle più antiche calcolatrici e compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio e con la sua decifrazione del Copto e la sua interpretazione dei geroglifici gettò le basi che portarono all'attuale decodifica dell'antica scrittura egizia.

La vita di Athanasius fu costellata da molti eventi particolari tra cui ce ne furono alcuni che lo portarono addirittura molto vicino a perdere la vita: una volta rischiò di annegare perchè cadde in una crepa apertasi in un fiume ghiacciato ma anche se faticosamente, riuscì a trarsi in salvo; durante la guerra dei trent'anni per poco non fu impiccato da un gruppo di protestanti che dopo averlo circondato e derubato lo lasciarono andare perché riconobbero qualcosa di speciale nella sua estrema calma di fronte alla fine che stava subendo; da giovane si salvò miracolosamente dallo sfracellarsi quando fu trascinato dalla corrente verso la ruota di un mulino ad acqua; un'altra volta rimase miracolosamente illeso quando, mentre stava guardando una corsa di cavalli, finì accidentalmente sotto gli zoccoli degli animali. Grazie alla sua estrema fede in Dio e nel destino che, come affermò egli stesso, lo doveva portare a compiere qualcosa di grande, mantenne sempre una straordinaria calma cosa che gli fu di notevole aiuto anche in quei frangenti pericolosi.

Il Kircher possedeva una personalità poliedrica. Il suo carattere particolare lo spinse ad praticare per ben cinque anni un curioso esercizio. Per esercitare l'umiltà si finse stupido dal momento in cui fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Paderbon in Vestfalia (2 ott 1618) fino a quando non fu trasferito a Coblenza nel 1623. Dotato di una spiccata sensibilità verso il metafisico ebbe diverse visioni e sogni "profetici" come quello che gli preannunciò la distruzione, per ordine di Gustavo Astolfo di Svezia(1631), del collegio dei gesuiti di Wurzburg dove egli risiedeva. Era anche un uomo in cui una sterminata curiosità si legava ad una buona dose di temerarietà e questo lo portò, non solo ad ammirare in loco le eruzioni dell' Etna e dello Stromboli (1637) e ad osservare da Tropea terremoto che distrusse Sant'Eufemia nel 1638, ma addirittura come un novello Plinio Seniores, a scendere, all'età di più di settant'anni, nel cratere del Vesuvio per eseguire delle misurazioni.

Appassionato della storia arcaica dell'uomo intraprese moltissime ricerche indirizzate al reperimento di documenti e prove legate ad episodi a cavallo tra la storia e la mitologia. In particolare i suoi interessi si diressero principalmente su Atlantide di cui possedeva un'antica mappa che esamineremo in seguito e sui più importanti resoconti biblici come il Diluvio Universale, l'Arca di Noè, la Torre di Babele ed i Giganti per cui collezionò i resti di alcuni elefanti antidiluviani ritrovati a Trapani e Palermo nel 1636 e diversi scheletri dalle misure straordinariamente grandi (Le "ossa di giganti" delle grotte di Maredolce presso Palermo).

Le informazioni sulla sua vita oltre a pervenirci dall'innumerevole quantità di opere lasciateci e dalla folta corrispondenza che tenne con più di 760 personaggi dell'epoca, fra cui scienziati (Leibniz, Torricelli e Gassendi), medici, missionari gesuiti, due imperatori del Sacro Romano Impero, papi e potentati di tutto il mondo (Cristina di Svezia), ci arrivano anche attraverso la sua autobiografia di cui riportiamo l'incipit:

    "Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere."

Cronologicamente il giovane Athanasius entrò all'età di dieci anni nel collegio gesuita di Fulda e poi, ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn (2 ottobre 1618) ivi rimase finché gli esiti delle persecuzioni della guerra dei Trent'anni lo costrinsero ad andare prima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. Nel 1624 si trasferì prima a Mainz, dove nel 1628 divenne sacerdote e poi presso l'Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali. Nel 1633 ricevette, praticamente in contemporanea, due illustri proposte che lo volevano l'una a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell'imperatore Ferdinando II e l'altra a Roma per l'importante traduzione di alcuni vocabolari copti. Il destino lo mosse nel novembre del 1633 a Roma dove rimase per tutto il resto della sua vita fatta eccezione per un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore di Hesse-Darmstadt da poco convertitosi al cattolicesimo. Nel 1638 venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che lasciò otto anni dopo per dedicarsi completamente alle sue ricerche. Morì a Roma il 27 novembre 1680 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù mentre il suo cuore, per suo espresso volere, venne invece tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella vicino a Palestrina. Questo luogo, sin dal suo primo incontro avvenuto casualmente nel 1661, ebbe un'attrazione speciale per il gesuita. La chiesetta abbandonata che lì sorgeva si poggiava sulle rovine dell'antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant'Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un'iscrizione all'imperatore Costantino come ci viene descritto nella autobiografia Kircheriana:

    "Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina. Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica. Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto. … guidato da Dio, mi imbattei in una lastra di marmo su cui era inciso il testo seguente: In questo luogo si convertì Sant'Eustachio, allorchè il Cristo crocefisso gli apparve tra le corna di un cervo. In memoria di tale avvenimento, l'Imperatore Costantino il Grande fece erigere questa Chiesa, solennemente consacrata dal santo papa Silvestro I al culto della Madre di Dio, e di Sant'Eustachio."

Il Kircher si adoperò moltissimo per farla ristrutturare e da quel giorno decise che vi ci sarebbe recato ogni 29 settembre, giorno in cui si festeggia San Michele Arcangelo, e divenne per lui il posto dove egli più amava ritirarsi a meditare e a scrivere.

La sua poderosa produzione letteraria (più di trenta testi) lo fece apprezzare come uno dei più grandi eruditi del XVII secolo. Tra le sue opere più suggestive, ricordiamo il Prodromus Coptus sive Ægyptiacus (1636), Lingua Ægyptiaca restituta (1643), Ars Magna Lucis et umbrae in mundo (1645–1646), Obeliscus Pamphilius (1650), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650), Œdipus Ægyptiacus (1652–1655), Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664–1678), Obelisci Aegyptiaci interpretatio hieroglyphica (1666), China Monumentis, qua sacris qua profanis (1667), Ars magna lucis et umbrae (1671), Arca Noë (1675), Sphinx mystagoga (1676) e Turris Babel sive Archontologia (1679).