massimofraticelli

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Home Libri I Custodi del Cosmo La Precessione degli Equinozi

Freedom Magazine - Il Graal nel Maschio Angioino

E-mail Stampa PDF

Articolo pubblicato

su Freedom Magazine

(N°6 APRILE 2020)

 

Freedom Magazine - graal



IL GRAAL

Il Graal, come coppa fisica, è stato ricercato da sempre e da tutti. Pensate sono stati individuati circa 50 siti diversi dove sarebbe transitato ma ad oggi, l’unico oggetto che risulterebbe compatibile con l’epoca di Gesù sarebbe il Graal di Valencia. Secondo la tradizione questa coppa di agata sarebbe stata prima portata a Roma da San Pietro e poi trasferita da San Lorenzo in Spagna. Attualmente è venerata nella cattedrale della città di Valencia. Incredibile a dirsi ma la coppa apparteneva proprio ad Alfonso di Aragona, ma non è tutto. Alfonso, oltre a possedere la sacra coppa, aveva anche ereditato il titolo di re di Gerusalemme. Di quali segreti era allora entrato a conoscenza il re Aragonese? Bisogna considerare che la Spagna di quell’epoca era strettamente in contatto con gli arabi, popolo che aveva conservato l’antica cultura esoterica posseduta da Alessandria d’Egitto, ormai dimenticata in Europa nel corso del Medioevo. Fatto sta che Alfonso di Aragona, possedeva una cultura fortemente esoterica, ossia di una conoscenza profonda e segreta e nella sua corte già si respiravano tutti quei concetti che poi saranno propri dell’umanesimo e del Rinascimento. Per questo molti considerano Napoli la prima culla dell’umanesimo in Italia.











IL GRAAL NEL MASCHIO ANGIOINO


Lo hanno cercato in tanti, anzi tantissimi, e per molti si è trattato di una vera e propria ossessione. C’è chi è convinto sia un simbolo puramente spirituale; per altri sarebbe il “Sang Rèal”, il Sangue Reale appartenente ad alcune dinastie occidentali e legato alla diretta discendenza da Gesù. C’è anche chi crede sia un oggetto fisico vero e proprio dalle qualità straordinarie e magiche: la coppa usata da Gesù per celebrare l’ultima cena e la stessa nella quale sarebbe stato raccolto il sangue del Salvatore durante la sua crocifissione. Stiamo parlando del GRAAL e alcune tracce ci conducono a Napoli nel favoloso “Maschio Angioino” dove ancora si celano misteri da svelare come l’enigmatico “libro di luce” che appare al suo interno solo durante i giorni del solstizio estivo. Quale significato potrebbe avere e chi lo avrebbe cifrato in questa maniera così particolare? Perché in questo castello si parla di Re Artù e del 13° cavaliere della Tavola Rotonda? Un viaggio fantastico per riscoprire Napoli sotto una nuova luce quando, in tempi passati, era considerata uno dei centri più importanti della filosofia ermetica.


GLI INDIZI CHE PORTANO AL GRAAL

Proprio nella facciata principale del Maschio Angioino troviamo il primo importante indizio che ci porterà al GRAAL. Sul bellissimo arco di trionfo in marmo viene rappresentato il vittorioso ingresso di Alfonso di Aragona nella città partenopea avvenuto nel 1443. Alfonso entrò da conquistatore sconfiggendo gli Angioini ma si rivelò presto un sovrano “illuminato” e generoso. Fu un vero e proprio precursore del Rinascimento; seppe fare del Regno di Napoli un centro artistico e intellettuale importante, segnando un periodo di grande evoluzione culturale, urbanistica e architettonica per la città partenopea. Alfonso elesse Napoli come capitale del suo Regno e vi rimase fino alla morte. Proprio sul carro trionfale di Alfonso posto sull’arco è possibile notare una grossa “Fiamma che arde”, di cosa si tratta? È ragionevole supporre che quel simbolo doveva avere per Alfonso un significato molto importante per averlo inserito così in evidenza nell’elemento di facciata del castello. È il primo indizio che ci porta verso il Graal. Nel ciclo arturiano, ossia nella tradizione dei testi legati al mitico Re Artù, questa fiamma è il simbolo del “Seggio Periglioso”; è la fiamma posta sulla 13° sedia della tavola rotonda di re Artù. Alcuni fanno risalire la nostra superstizione di non sederci in 13 a tavola a questa antica tradizione. Il Mago Merlino aveva riservato questo posto per quell'unico nobile cavaliere che fosse riuscito nell'impresa di ritrovare il Santo Graal. Solamente quel prescelto poteva sedersi in quella sedia, tutti gli altri sarebbero incappati in una tremenda maledizione o sarebbero stati arsi vivi; per questo era definito “Seggio Periglioso” ossia “posto pericoloso” ed era simboleggiato da una fiamma ardente. Il nobile cavaliere che alla fine riuscirà a sedersi senza alcun danno sarà Ghalad, figlio di Lancillotto, cavaliere coraggioso e puro di cuore. Anche sull’armatura di questo cavaliere, presente in un altro bassorilievo accanto all’arco trionfale, viene riportata la stessa fiamma. Un simbolo ripetuto anche molte altre volte: lo troviamo nella volta a crociera dell’Arco interno, nell’Arco di Trionfo e nella Sala dei Baroni e, un tempo, era anche presente in ambienti del castello che ora sono andati perduti. Non è però l’unico simbolo ad essere largamente ripetuto. Sul portone ligneo di ingresso è incisa un’altra figura importante che è legata ad una recentissima e stupefacente scoperta. È un libro aperto le cui pagine sono volte all’interno. È come se Alfonso stesse dicendo di essere in possesso di una “conoscenza segreta” che non può essere rivelata ai profani. Le pagine del libro sono infatti aperte, segno che possono essere lette, ma non sono rivolte a tutti, altrimenti le pagine leggibili sarebbero rivolte verso l’esterno.
Il simbolo del libro lo ritroviamo molto spesso accostato ad Alfonso di Aragona. Lo abbiamo incontrato nel Portone d’ingresso ma è presente in maniera evidente anche su quadri e medaglie raffiguranti il sovrano. In un suo ritratto (dipinto dal pittore spagnolo Juan de Juanes) per ben tre volte viene riprodotto un “libro aperto” intorno al re: nell’elmo, nel drappeggio e sotto la sua corona. Inoltre, in una medaglia conservata al Museo Nazionale di Madrid, sull’elmo a fianco del re, è raffigurato un libro aperto con sopra il sole con il motto latino: “L’uomo sapiente dominerà gli astri”. Era un messaggio segreto che legava il re di Napoli alla sua Sala del Trono ed al Graal?


L’ARCHITERRURA SIMBOLICA DEL CASTELLO

All’interno del castello, nella Loggia dei Baroni, posto tra l’ingresso e il balcone “Trionfale”, c’era il trono di Alfonso. Dalle testimonianze raccolte doveva essere magnifico; era lavorato in oro e seta ed era rialzato di sette gradini rispetto agli altri posti sulla destra e sulla sinistra. La sala, anche se ora è spoglia, è comunque magnifica; un tempo doveva apparire ancora più bella perché coperta con molti sfarzosi arazzi. È un cubo di 26 metri di lato. La particolarità è che la forma della sala ha una struttura quadrata a terra che si trasforma in ottagono sulla volta. Tutto sarebbe stato concepito per simboleggiare la trasformazione del quadrato nell’ottagono: dal 4 all’8. È come se le pietre ci stessero indicando un percorso che porta verso un’evoluzione spirituale. Si parte dalla base della sala che è un quadrato - il 4 rappresenterebbe la realtà fisica perché 4 sono gli elementi in cui viviamo: acqua, aria, terra e fuoco. Dal quadrato si passa poi all’ottagono del soffitto - l’8 rappresenta l’inizio di un nuovo ciclo, una nuova nascita spirituale. Nella tradizione cristiana, infatti, i battisteri hanno forma ottagonale perché simboleggiano l'ottavo giorno dopo i giorni della creazione ma anche perché Cristo risorse dalla morte proprio nell’ottavo giorno. Infine tutto si chiude con l’oculo centrale dalla forma circolare, la forma perfetta per eccellenza, quella che riconduce al divino. Il soffitto di questa sala, inoltre, sarebbe praticamente identico a quello della cappella del “Sacro Calice” nella Cattedrale di Valencia in Spagna.

 

IL LIBRO DI LUCE

Ed eccoci arrivati al punto cruciale. In particolari giorni dell’anno, su una delle pareti della Sala del Trono, si può assistere ad un fenomeno molto particolare e suggestivo. Durante il solstizio d’estate la luce che filtra da una apertura del Castello riflette sulla parete di fronte la sagoma di un libro aperto. Questo “libro di luce” effettua un percorso ad arco da sinistra a destra. Una scoperta recentissima e sorprendente fatta dall’Associazione I.V.I. (“Itinerari Video Interattivi”) di Napoli. È incredibile come questo fenomeno sia stato trascurato dagli studiosi per così tanto tempo, come se fossero andati perduti molti concetti che in antichità erano realmente importanti: simboli e i loro significati nascosti in cui la luce rappresenta un messaggio da parte del divino. Quale messaggio sarebbe allora nascosto in questo libro di luce? Potrebbe forse indicarci un nascondiglio segreto dietro alla parete del muro? O forse è qualcosa di simbolico che dobbiamo cercare di interpretare? Forse indica una conoscenza rivelata? Infatti le pagine questa volta sono rivolte all’interno, come se in questo luogo, a dispetto di altri, potevano essere divulgate conoscenze segrete. Poteva forse svolgersi una sorta di cerimonia iniziatica? La presenza del libro di luce sembra così far tornare tutto: la fiamma, il libro, il Graal, tutto come un unico grande disegno. Quale potrebbe essere allora il significato di tutto ciò? Alfonso riteneva sé stesso Galahad, ossia l’unico cavaliere che era riuscito a prendere il Graal e per questo l’unico a poter prendere posto alla Tavola Rotonda sedendosi sulla fiamma della 13° sedia. Il vero potere del Graal sarebbe la “conoscenza segreta” che viene simboleggiata dal libro. Ma questa conoscenza segreta che era in suo possesso, come veniva trasmessa? Probabilmente esisteva un rituale iniziatico di trasmissione del sapere che doveva avvenire proprio all’interno della sala dove il libro di luce compiva il suo spettacolare tragitto. Una cerimonia da officiarsi nei giorni del solstizio d’estate dove, simbolicamente la luce domina sul buio e il sapere sull’ignoranza.


IL CALICE DELLA CONOSCENZA

Poco prima di entrare nella sala del trono si può ammirare il balcone dove poteva affacciarsi solamente re Alfonso. Perché solo lui? Forse per sottolineare la sua importanza rispetto agli altri. Il balcone, ad una più attenta analisi, sembra però rivelare qualcosa di più profondo. Per notarlo dobbiamo cambiare prospettiva ed inquadrarlo dal basso. Se si osserva la forma rovesciata ha proprio la sagoma di un calice. E’ forse questo il simbolo del Graal che stavamo cercando? Perché sarebbe stato rovesciato? E’ importante considerare cosa accade ad una coppa quando viene rovesciata. Il liquido che è al suo interno viene riversato in basso. Guardando attentamente sotto il balcone si vede l’ingresso di un pozzo. Antiche leggende narrano di alcune cavità sotterranee in grado di ospitare stanze segrete, possibile? Un gruppo di speleologi professionisti del gruppo “Hyppo Kampos Avventura” si è calato all’interno del pozzo rilevando un piccolo passaggio nella parte sua più bassa. Dove porta? Certo non è facile dirlo. Potrebbe essere celato qualche segreto in delle stanze ipogee del castello?
Cosa vorrebbe dire tutto questo? Cosa simbolicamente sta a significare il calice – Graal rovesciato? Una delle spiegazioni potrebbe essere che il re aveva portato nel Regno di Napoli la conoscenza, simboleggiata appunto dal “Sacro Calice”, e la stava offrendo alla città e al suo popolo. Questa storia non fa che consolidare la lunga tradizione di Napoli come capitale di una cultura ermetica, insomma una cultura fatta di profonde conoscenze ma accessibili a pochi e trasmesse segretamente. Nella storia millenaria della capitale partenopea si sono infatti avvicendati sette di epicurei, scuole pitagoriche e ci sono anche testimonianze che rimandano ad antichi culti egizi.




Ultimo aggiornamento Venerdì 16 Ottobre 2020 16:39  


Immagini Flash

Personaggi flash


Sri Aurobindo

Sri Aurobindo


Athanasius Kircher fu un personaggio molto particolare i cui interessi spaziarono in tutti i campi dello scibile umano. La sua ricerca si basava principalmente sulla comprensione dei meccanismi cardine che regolavano la natura. In totale affinità con il sentimento neoplatonico di cui fu uno dei massimi esponenti concepiva tutti gli aspetti del mondo sensibile come emanazione dell'uno dal quale andavano prendendo forma attraverso una serie di stati degradativi. Secondo Kircher questo processo di derivazione dalla fonte unica avveniva sempre con lo stesso meccanismo per ogni singolarità della natura e ciò permetteva che principi scoperti in un determinato campo erano, per analogia, applicabili ad un altro apparentemente molto diverso dal precedente. Con tale forma mentis egli poté investigare e conoscere a fondo un'infinità settori spaziando dall'astronomia alla matematica, dall'archeologia all'ottica, dalla chimica al magnetismo, dalla filosofia alla musica, dalla storia naturale alla fisica e alla gnomonica. Il suo sapere non si limitava al solo studio teorico ma era costantemente accompagnato da brillanti realizzazioni quali ad esempio il prototipo della lanterna magica che espose, insieme ad altre meraviglie meccaniche, nel suo "Wunderkammer" il primo museo della scienza al mondo. Creò inoltre una delle più antiche calcolatrici e compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio e con la sua decifrazione del Copto e la sua interpretazione dei geroglifici gettò le basi che portarono all'attuale decodifica dell'antica scrittura egizia.

La vita di Athanasius fu costellata da molti eventi particolari tra cui ce ne furono alcuni che lo portarono addirittura molto vicino a perdere la vita: una volta rischiò di annegare perchè cadde in una crepa apertasi in un fiume ghiacciato ma anche se faticosamente, riuscì a trarsi in salvo; durante la guerra dei trent'anni per poco non fu impiccato da un gruppo di protestanti che dopo averlo circondato e derubato lo lasciarono andare perché riconobbero qualcosa di speciale nella sua estrema calma di fronte alla fine che stava subendo; da giovane si salvò miracolosamente dallo sfracellarsi quando fu trascinato dalla corrente verso la ruota di un mulino ad acqua; un'altra volta rimase miracolosamente illeso quando, mentre stava guardando una corsa di cavalli, finì accidentalmente sotto gli zoccoli degli animali. Grazie alla sua estrema fede in Dio e nel destino che, come affermò egli stesso, lo doveva portare a compiere qualcosa di grande, mantenne sempre una straordinaria calma cosa che gli fu di notevole aiuto anche in quei frangenti pericolosi.

Il Kircher possedeva una personalità poliedrica. Il suo carattere particolare lo spinse ad praticare per ben cinque anni un curioso esercizio. Per esercitare l'umiltà si finse stupido dal momento in cui fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Paderbon in Vestfalia (2 ott 1618) fino a quando non fu trasferito a Coblenza nel 1623. Dotato di una spiccata sensibilità verso il metafisico ebbe diverse visioni e sogni "profetici" come quello che gli preannunciò la distruzione, per ordine di Gustavo Astolfo di Svezia(1631), del collegio dei gesuiti di Wurzburg dove egli risiedeva. Era anche un uomo in cui una sterminata curiosità si legava ad una buona dose di temerarietà e questo lo portò, non solo ad ammirare in loco le eruzioni dell' Etna e dello Stromboli (1637) e ad osservare da Tropea terremoto che distrusse Sant'Eufemia nel 1638, ma addirittura come un novello Plinio Seniores, a scendere, all'età di più di settant'anni, nel cratere del Vesuvio per eseguire delle misurazioni.

Appassionato della storia arcaica dell'uomo intraprese moltissime ricerche indirizzate al reperimento di documenti e prove legate ad episodi a cavallo tra la storia e la mitologia. In particolare i suoi interessi si diressero principalmente su Atlantide di cui possedeva un'antica mappa che esamineremo in seguito e sui più importanti resoconti biblici come il Diluvio Universale, l'Arca di Noè, la Torre di Babele ed i Giganti per cui collezionò i resti di alcuni elefanti antidiluviani ritrovati a Trapani e Palermo nel 1636 e diversi scheletri dalle misure straordinariamente grandi (Le "ossa di giganti" delle grotte di Maredolce presso Palermo).

Le informazioni sulla sua vita oltre a pervenirci dall'innumerevole quantità di opere lasciateci e dalla folta corrispondenza che tenne con più di 760 personaggi dell'epoca, fra cui scienziati (Leibniz, Torricelli e Gassendi), medici, missionari gesuiti, due imperatori del Sacro Romano Impero, papi e potentati di tutto il mondo (Cristina di Svezia), ci arrivano anche attraverso la sua autobiografia di cui riportiamo l'incipit:

    "Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere."

Cronologicamente il giovane Athanasius entrò all'età di dieci anni nel collegio gesuita di Fulda e poi, ammesso come novizio nel collegio gesuita di Paderborn (2 ottobre 1618) ivi rimase finché gli esiti delle persecuzioni della guerra dei Trent'anni lo costrinsero ad andare prima a Munster e successivamente a Colonia, dove proseguì i propri studi scientifici e umanistici. Nel 1624 si trasferì prima a Mainz, dove nel 1628 divenne sacerdote e poi presso l'Università di Würzburg in qualità di professore di filosofia, matematica e lingue orientali. Nel 1633 ricevette, praticamente in contemporanea, due illustri proposte che lo volevano l'una a Vienna per succedere a Keplero, deceduto nel 1631, nel ruolo di matematico presso la corte dell'imperatore Ferdinando II e l'altra a Roma per l'importante traduzione di alcuni vocabolari copti. Il destino lo mosse nel novembre del 1633 a Roma dove rimase per tutto il resto della sua vita fatta eccezione per un soggiorno a Malta fra il 1636 e il 1637 in qualità di confessore di Hesse-Darmstadt da poco convertitosi al cattolicesimo. Nel 1638 venne nominato professore di matematica presso il Collegio Romano, incarico che lasciò otto anni dopo per dedicarsi completamente alle sue ricerche. Morì a Roma il 27 novembre 1680 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù mentre il suo cuore, per suo espresso volere, venne invece tumulato nella cappella di Santa Maria della Mentorella vicino a Palestrina. Questo luogo, sin dal suo primo incontro avvenuto casualmente nel 1661, ebbe un'attrazione speciale per il gesuita. La chiesetta abbandonata che lì sorgeva si poggiava sulle rovine dell'antico santuario edificato nel luogo dove era avvenuta la conversione di Sant'Eustachio e la cui fondazione risaliva secondo un'iscrizione all'imperatore Costantino come ci viene descritto nella autobiografia Kircheriana:

    "Ci avvicinammo e scoprimmo che si trattava di una chiesa in quasi completa rovina. Entrai e mi resi conto che era stata una chiesa magnifica. Rimasi stupito al pensiero che fosse stata costruita in quella terra spaventosamente desolata, e supposi che vi si nascondesse un segreto. … guidato da Dio, mi imbattei in una lastra di marmo su cui era inciso il testo seguente: In questo luogo si convertì Sant'Eustachio, allorchè il Cristo crocefisso gli apparve tra le corna di un cervo. In memoria di tale avvenimento, l'Imperatore Costantino il Grande fece erigere questa Chiesa, solennemente consacrata dal santo papa Silvestro I al culto della Madre di Dio, e di Sant'Eustachio."

Il Kircher si adoperò moltissimo per farla ristrutturare e da quel giorno decise che vi ci sarebbe recato ogni 29 settembre, giorno in cui si festeggia San Michele Arcangelo, e divenne per lui il posto dove egli più amava ritirarsi a meditare e a scrivere.

La sua poderosa produzione letteraria (più di trenta testi) lo fece apprezzare come uno dei più grandi eruditi del XVII secolo. Tra le sue opere più suggestive, ricordiamo il Prodromus Coptus sive Ægyptiacus (1636), Lingua Ægyptiaca restituta (1643), Ars Magna Lucis et umbrae in mundo (1645–1646), Obeliscus Pamphilius (1650), Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650), Œdipus Ægyptiacus (1652–1655), Mundus subterraneus, quo universae denique naturae divitiae (1664–1678), Obelisci Aegyptiaci interpretatio hieroglyphica (1666), China Monumentis, qua sacris qua profanis (1667), Ars magna lucis et umbrae (1671), Arca Noë (1675), Sphinx mystagoga (1676) e Turris Babel sive Archontologia (1679).